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Categoria: Cultura
Pubblicato Martedì, 07 Dicembre 2010 09:07

Tante strade per una via

Intervista al pittore usbechistano Marwin Beck

Der naturverbundene Künstler Marwin Beck ist in Buchara (Usbekistan) als Kind einer alten Chasarischen Familie geboren, dort lernte er laufen und reiten. Geschichtenerzähler haben ihm das Gefühl für alles Lebendige und Mysteriöse auf seinen Weg mitgegeben. Als er vier Jahre alt war, zog seine Familie nach Prag, für den Künstler eine vollkommen andere Welt intellektueller Art. Bücher, Theater und Ausstellungen bestimmten fortan sein Leben. Nach Abschluss der Schule kehrte er zurück nach Usbekistan, studierte dort angewandtes Kunsthandwerk und spezialisierte sich auf alte Handschriften. Anschließend ging er nach Zentralasien und studierte dort bei einem der letzten großen tanzenden Derwische. Er lebte als Nomade zwischen Pferdhütern in den Bergen. Zurück in Prag studierte und arbeitete er als Journalist, Übersetzer, Opernschauspieler, Pferdezüchter und Sprachlehrer.
Doch es zog ihn wieder aufs Land, wo er in einem kleinen Dorf mit acht Häusern inmitten eines Naturschutzgebietes lebt und zu malen begann. Beck versteht es, in seinen Kunstwerken orientalische Wurzeln mit italienischem Flair und mysteriösen Schriftzeichen zu verbinden.

M. Cristina Picciolini

 

In un affascinante paesino arroccato su una collina toscana circondato da fitti boschi, dal nome Castello di Tocchi, in provincia di Siena, si trova un frantoio dal valore inestimabile. Marwin Lee Beck ispirato e affascinato dall’odore dell’antico, un giorno ha deciso di rifugiarsi là e di custodirci le sue opere, mettendole in mostra non solo ad amici e conoscenti ma anche a curiosi che spesso raggiungono la zona a cavallo.


E a tutti quelli che per sfortuna non possiedono un cavallo ma una cilindrata con un paio di cavalli in più, consigliamo vivamente di passare un giorno di là e d’incontrare questo personaggio dalla misteriosa aria orientale e dal sorriso sereno di chi vive in pace con il mondo intero.

INTERVenti (IV): In che anno ti sei trasferito in Italia e cosa ti ha spinto a farlo?

Marwin Lee Beck (MLB): In Italia ero arrivato nel febbraio 1989. Lo consideravo un trasferimento temporaneo, ero spinto dalla necessità di sfuggire alle persecuzioni politiche – ero implicato nelle proteste in piazza a Praga e come risposta mi è arrivata la cartolina dall’esercito con destinazione “reparti speciali” di carattere punitivo, non avevo dubbi. Altrettanto non avevo dubbi che il regime doveva crollare da lì a poco – si pensava un paio di anni – la storia è stata più veloce...


IV: Cosa hai trovato di così speciale in Italia che ti ha fatto rimanere?

MLB: L’illusione di libertà... Ci vuole sempre un po’ di tempo per capire le cose...

 

IV: Da una tradizione centro-asiatica si dice che il numero magico per eccellenza sia il numero 41, e tu hai deciso di non esercitare l’Arte fino al compimento di 41 anni. Come vivi questa nuova fase della tua vita?

MLB: Non è stata una decisione mia, piuttosto un’imposizione del mio maestro che ho osservato – e per essere sinceri per alcuni periodi della vita ho quasi rimosso questa possibile via – ma quando il tempo è arrivato sapevo esattamente quel che dovevo fare. Ora mi comporto come se fosse una cosa che ero destinato a fare, e non una delle vie che avrei voluto fare. Non vivo questa fase della mia vita come una missione o come una carriera, ma è semplicemente una cosa che mi piace fare e in cui trovo molta soddisfazione, specialmente se piace alla gente. Forse, tanti anni fa ero molto più bravo – nel senso dell’abilità esecutiva – a dipingere e se avessi continuato, sarei diventato un bravo artigiano. Oggi sono convinto che semplicemente non ero pronto e che l’abilità è un termine molto relativo.

 

IV: Quanto è presente il tuo passato nella tua vita? Nella vita di tutti noi, vive il passato con i suoi ricordi, e vivono le esperienze e le cose belle che ci sono state tramandate. Hai un ricordo particolare di qualcuno o di un periodo della tua vita che porti sempre dentro di te?

MLB: Certo il passato personale e famigliare è nella mia vita non solo presente ma direi determinante, l’infanzia in cui si può essere a contatto con nonni e bisnonni, con le loro esperienze ed il mondo intero che rappresentano e di cui sono stati testimoni, sono per me i ricordi piú cari, che mi hanno arricchito spiritualmente e mi hanno fatto crescere con la consapevolezza di quello che mi circondava.

Ho ricordi molto intensi da quando avevo tre anni – il bisnonno con i suoi cavalli, la bisnonna che ogni mattina si alzava all’alba per cogliere certi tipi di fiori e erbe medicinali nel giardino dietro casa, vestita in modo puramente tradizionale, cioè ottocentesco.

 

IV: Quando ti prende un momento di nostalgia, il pensiero viaggia fino a Buchara o si ferma a Praga?

MLB: Il nomadismo – nel senso stretto oggi comincia ad essere rivalutato come un approccio “ecologico” – il nomade lascia il posto prima che si esauriscono completamente le risorse per sopravivenza, dando alla terra e all'ambiente la possibilità di rigenerarsi. Ho creduto ed esercitato un approccio simile per molti anni nel senso spirituale – forse questo mi ha insegnato meglio la vita completamente svincolata dal “progresso” nel Asia centrale. Buchara e Praga – sono per me luoghi del cuore ma anche due culture diametralmente opposte – legate per similitudine della dimensione spirituale che diffondono. Entrambe le città, con loro ambienti, colori, odori, comportamenti tipici e ritualizzati della gente – mi hanno regalato sicuramente un fortissimo senso di legame al passato – una sensazione molto pregnante che ciò che succede oggi non è che perpetuazione, in vesti neanche tanto nuove, delle logiche del passato-presente. Un altra importante dimensione che era comune a questi luoghi così diversi era la pressoché totale e naturale convivenza e quasi complicità di varie tradizioni filosofiche, culturali, religiose e artistiche. L’unico dogmatismo, pateticamente tronfio, persecutorio e infinitamente ridicolo era quello delle ottuse gerarchie del partito comunista.

Per “nostalgia” intendo, come il desiderio inconscio di ripetere le cose e le sensazioni già vissute in cui ci siamo sentiti meglio definiti – cioè noi stessi. Ma i luoghi cambiano, noi cambiamo, e un ritorno a distanza di tempo è sempre segnato più dalla perdita che dal ritrovamento. Per questo forse comprendo emotivamente meglio la nostalgia per luoghi dove non si è mai stati (conosciuti solo per racconto o immagine) – come riflesso di un desiderio di essere ciò che non siamo del tutto – ciò che non abbiamo coltivato o sviluppato dentro di noi sufficientemente.

 

IV: Il tuo lavoro di Archeologo, prima a Samarcanda e poi a Khiva in Uzbekistan, sembra averti svegliato una certa curiosità per il famoso popolo venuto dal mare, gli etruschi. Come si intersecano queste influenze spirituali ? Come è nata in te la ricerca per il popolo etrusco?

MLB: Gli scavi e la presenza dei numerosi siti archeologici ancora non esplorati – sopratutto nella zona di Samarcanda sono un affascinante richiamo al passato che possiamo solo immaginare. Allora ero stregato dalla storia dei vari popoli che hanno passato per quel posto – Sciti, Unni, Songhiani (che hanno sconfitto, o quasi, Alessandro il Grande), Polovci, Mongoli, Persiani, Karaiti, Tadjiki, Turcomanni, Tartari... L’interesse per gli Etruschi è nato solo molto più tardi, quando ero ormai da tempo in Italia: ho conosciuto questi reperti d’arte etrusca scoperti recentemente nella zona di Murlo, vicino a Siena – statue di uomini che portano un capello di tipo messicano. Ora per essere più precisi: le fonti del museo dicono che erano raffigurazioni delle divinità poste sopra il tetto di una dimora nobiliare etrusca – ma già questo sono in realtá ipotesi che sconfinano nella fantasia, non esiste nessuna fonte o altro tipo di raffigurazione a sostegno di questa ipotesi. Inoltre, quante statue delle divinità “con capello” conosciamo? Queste domande mi hanno permesso di immaginarmi a modo mio il “popolo di origine ancora oscura”, come recitano tante enciclopedie – una specie di protogenesi perduta e dimenticata dove si sono fusi i più svariati elementi delle culture che gli etruschi avrebbero potuto incontrare prima di approdare in Italia.

 

IV: Nei tuoi quadri affiorano queste esperienze spirituali e la tematica degli uccelli e dei pesci lo sottolineano ancora di più. Ci vuoi raccontare qualcosa a riguardo?

MLB:Per le culture sciamaniche dell’Asia centrale l’animale e la natura sono sacri anche se questa sacralità può essere diversa da ciò che si intende nella tradizione europea. Pesci e uccellini possono essere percepiti come primordiali simboli di bellezza e oscurità del nostro sapere sul mondo del creato. Nelle tradizioni di molti popoli sono spesso utilizzati come simboli dell’anima, del recondito, del riflesso della divinità. Le raffigurazioni che hai visto cercano sempre un sguardo complice, divertito o impensierito, dello spettatore partecipe, vogliono dargli la possibilità di deporre le proprie proiezioni, la propria spiritualità, la propria sensibilità sulla superficie di ciò che vede. Mi sono molto ispirato a questo simbolismo primordiale ma ho sempre cercato con un tocco di ironia di riconciliarlo con la nostra sensibilità moderna.

 

IV: Scorrendo nella tua mostra ho notato un paio di quadri che mi hanno lasciato sorridere, c’é un pesce che sembra molto divertito e c’é un uccello che con un velo di romanticismo annusa un delicato fiore. Quanto é importante il senso dell’umorismo nella tua vita?

MLB: È fondamentale… Ho sempre avuto molto sospetto verso la rigidità del pensiero, dell’arte o delle persone che si prendono troppo sul serio, che vogliono essere percepiti così. L’umorismo e senso di ironia (e auto-ironia!) sono per me la strada più nobile per mantenere l’autenticità del proprio agire nel mondo e di marcare costantemente il distacco da ciò che siamo e da ciò che crediamo o vogliamo essere.

 

IV: “il nido dei pesci” invece è un quadro che con timida sensibilità sembra racchiude e proteggere con estrema grazia i suoi piccoli, sembra il nido dove si può ritornare ogni volta che lo si vuole. Hai un nido speciale nella tua vita dove ogni tanto torni per sentirti veramente a casa tua?

MLB: Certamente – è una cosa risaputa – ogni pesce, prima o dopo, torna nel proprio “nido”. Vedi, qui torniamo al tema precedente, io credo che sei tu con la tua sensibilità che sei capace di vedere questo – e dare questa interpretazione di ciò che vedi è un atto di proiezione compartecipativa e assolutamente legittima – se quella dimensione non fosse già stata dentro di te, non l’avresti colto. Rumi Mevlana, mistico islamico del tredicesimo secolo, ricordato come il “volto gaio dell’Islam” e considerato uno dei più importanti maestri sufi, diceva: “Poiché tu parli, l’immagine esiste”. Per me è tutto racchiuso in questo.

 

IV: Come è nata l’idea di fare questa mostra a Monaco?

MLB:È stata una proposta dei miei vicini di casa in Toscana, Thomas e Francesca Königshöfer, carissimi amici che provengono da Monaco. Ho accettato con molto entusiasmo perché per me era la prima volta che potevo esporre in Germania ed ero molto curioso di vedere come sarebbe stato accolto e percepito il mio lavoro.

 

IV: L’Italia è un paese strano, un paese amato da tutti e dove tutti pensano che si viva bene, e infatti per molti é così, per non parlare degli stranieri che approdati la prima volta piantano volentieri le proprie radici. Tu da straniero, come vivi questa Italia dalle mille contraddizioni, e se tu potessi contribuire con un cambiamento positivo, cosa cambieresti in questa nazione ?

MLB: Non vorrei parlare dell’Italia che è sicuramente un Paese bello ma complesso, soprattutto perché negli ultimi anni vivo per scelta in una minuscola parte di questo Paese, in Toscana, che sembra un’oasi di tempo perduto, una sospensione spazio-temporale di cui mi rendo conto. Mi piace vivere lì, c’è molta gente – stranieri e anche italiani che provengono un po’ dappertutto e che hanno fatto la stessa scelta, semplificando può essere letta come un romantico e vano opporsi alla società globalizzata della comunicazione di massa, volta allo sfruttamento fino alla distruzione totale del ambiente vitale, sia naturale, sia spirituale.

 

IV: Chi è che ti guida nel tuo cammino spirituale. Un motto speciale o una fede speciale ?

MLB:Costante guida per il mio lavoro e cammino spirituale è il vivo ricordo del mio maestro Duad al Din Sharisbani, la sua purezza, raffinata semplicità e umiltà. Non posso che rivolgergli un pensiero di gratitudine per quanto ha voluto farmi capire e insegnare, citando un suo motto preferito: “Quello che noi vediamo è solo ciò che siamo in grado di vedere, non ciò che può essere visto.”

(2009-1 pg 8)


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