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Categoria: Cultura
Pubblicato Sabato, 20 Novembre 2010 21:08

Una cultura per l’Europa

A proposito di un appassionante discorso di Julian Nida-Rümelin

Derjenige, der zu spät kommt, den bestraft die Geschichte. Ein vereintes Europa bietet uns und unseren Kindern eine echte Chance für die Zukunft. Die Verwirklichung dieses Projekts basiert auf dem Aufbau einer neuen kulturellen Identität. Dafür brauchen wir finanzielle Mittel, die solche gemeinsame Projekte unterstützen, aber auch die innere Bereitschaft, sich für neue Perspektiven zu öffnen.

Miranda Alberti

Il sogno di un’Europa unita è un sogno antico a cui molte generazioni di idealisti hanno lavorato. È dunque un onore che proprio alla nostra spetti il compito di realizzarlo. Eppure ancora pochi sono coloro che sanno riconoscere in questa tendenza una straordinaria e concreta chance per il futuro, pochi coloro che s`impegnano nella realizzazione di questo progetto comune che è in primo luogo un progetto culturale.


Julian Nida-Rümelin, professore di filosofia ed ex ministro della cultura nel governo Schröder, parlando alla Ludwig Maximilian Universität su questo tema ha fatto notare che l’idea di un’Europa unita è sorta prima di tutto in ambito culturale, ma che finora si è sviluppata quasi esclusivamente sulla direttrice economica. Soltanto lo 0,04% del bilancio europeo è dedicato all’iniziativa culturale comune. La scuola nei singoli paesi sembra non essersi accorta di questo
mutamento di prospettiva e continua a diffondere nei suoi manuali giudizi e pregiudizi nazionalistici. Manca, inoltre, quasi completamente un’informazione europea che faccia da specchio e da controllo democratico a questa nuova dimensione istituzionale. Non c’è da meravigliarsi, dunque, se il cittadino continua a sentirsi "dentro" una dimensione nazionale
ormai di fatto superata e "fuori" dalla realtà che sta veramente vivendo.


Anche gli intellettuali europei, chiamati in prima persona a questo nuovo impegno collettivo, sembrano prendersela con comodo. Riuniti a Salamanca - ci riferisce Nida- Rümelin - per discutere il tema dell’identità e delle differenze delle nostre culture nazionali, hanno finito per concentrarsi soltanto sulle differenze, tralasciando di riflettere su quelle forme d’identità di cui, pure, la nostra lunga storia comune abbonda. Sono anche loro vittime di questa generale schizofrenia? Avanguardie che rischiano a breve termine di rincorrere la retroguardia?
Ma cosa s`intende per identità culturale? Prima di tutto nulla, perché la società è fatta di individui ed ogni individuo è, per definizione, diverso dall’altro. Eppure proprio questa diversità e la tolleranza nei confronti di essa può essere un atteggiamento culturale comune.

Questo, possiamo dire, è un carattere della cultura europea con tutte le eccezioni che purtroppo vi sono state.
Certamente origini comuni possiamo rintracciarle nella tradizione razionalistica greca e nella cultura della polis che nell’antica Grecia è nata. Il pragmatismo della romanità, l’umanesimo e l’universalismo della Rinascita sono altrettanti caratteri che hanno saputo diffondersi in tutta Europa. La rivoluzione scientifica e la concezione illuministica dello stato sono conquiste che ancora oggi segnano l’identità europea e che continuano a definirsi nell’attualità di una comune discussione come, ad esempio, è accaduto a proposito del velo nella scuola. È stata questa una discussione molto produttiva che ha coinvolto tutti, e che generalmente è stata condotta con spirito europeo. Non si tratta, infatti, di entrare nel merito di una convinzione religiosa, ma di ribadire decisamente quella distinzione fra stato e religione che fu una conquista della visione illuministica della società dopo secoli di guerre e di aspre polemiche. D’altra parte la storia della filosofia insegnata nei licei di quasi tutta Europa è in grado di fornire queste conoscenze culturali di base su cui innestare una reale e moderna co-scienza europea.

Peccato che proprio la Germania, erede di questa tradizione e patria del pensiero moderno, faccia qui difetto. Ne abbiamo chiesto la ragione, ma una risposta ancora non l’abbiamo trovata. Misteri dei ministeri della cultura!
Molto lavoro resta, dunque, dafare affinché questa comune eredità culturale diventi attiva consapevolezza e partecipazione, ma questo è il trend e in questa direzione dovremo andare con sempre maggiore convinzione. Anche il viaggio più lungo, dice il saggio, comincia con un primo passo!

(2004-2 pag 16)

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