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Categoria: Dall'Italia
Pubblicato Giovedì, 11 Gennaio 2018 18:44

L'Italia al voto. Sarà la rivincita di Berlusconi?


Tra il PD in crisi e l'incognita M5S sarà il Centrodestra a trarne vantaggio.

Pasquale Episcopo 


Monaco, 10 gennaio 2017.
L'Italia andrà al voto il 4 marzo ed è probabile che dalle urne uscirà fortemente divisa e politicamente ingovernabile. Tuttavia in politica mai dire mai. Nel suo discorso di fine legislatura il presidente del consiglio Paolo Gentiloni ha rivendicato i risultati ottenuti dai tre governi a guida PD (Letta, Renzi, Gentiloni). "La verità è che l'Italia si è rimessa in moto dopo la più grave crisi del dopoguerra", ha affermato il premier parlando alla stampa a Montecitorio. 


Gentiloni ha anche parlato, e non poteva essere diversamente, della campagna elettorale. Ne ha auspicato uno svolgimento che limiti, possibilmente, "sia la diffusione di paure, sia la promozione di illusioni, sia il dilettantismo". Ha poi parlato del suo coinvolgimento personale. "In Italia c'è un governo di sinistra a disposizione del Paese ed io darò il mio contributo alla campagna elettorale del Partito Democratico. Le forme e il modo le discuteremo insieme. I governi non sono super partes, fanno riferimento a una maggioranza, ed è normalissimo che chi li guida abbia un ruolo, anche se non è un segretario di un partito".



Quale sarà il suo contributo alla campagna elettorale lo vedremo nei prossimi due mesi, c'è comunque da aspettarsi che non sarà di poco rilievo. Grazie alle sue qualità personali e al buon lavoro svolto sulla scena europea e internazionale, Paolo Gentiloni ha ricevuto apprezzamenti anche dall'opposizione, in particolare dal Centrodestra. In un PD lacerato dalle divisioni, dai personalismi e dalle polemiche, la sua disponibilità a svolgere un ruolo attivo potrà limitare la perdita di consensi del partito? Va detto che la perdita di consensi ha riguardato soprattutto il segretario Matteo Renzi. Dopo l'autogol del referendum costituzionale Renzi è stato oggetto di critiche al vetriolo provenienti soprattutto dall'interno del PD. A fare danni sono stati gli attacchi ricevuti da leader storici come Pier Luigi Bersani e Massimo D'Alema che non hanno condiviso molte delle scelte riformiste del segretario, col risultato che il "rottamatore" è stato a sua volta rottamato. 


Durante la terminata legislatura il riformismo di Renzi ha progressivamente spostato verso il centro il PD (nato dalle spoglie del PCI, Partito Comunista Italiano) che di fatto è diventato un partito di Centrosinistra. Ciò ha reso possibili governi con la partecipazione di centristi come Pier Ferdinando Casini e Angelino Alfano. Nonostante i successi dei tre governi a guida PD (tra cui quello della riduzione della disoccupazione dovuto alla riforma del lavoro di Renzi) oggi la situazione per il PD è meno rosea rispetto a cinque anni fa. La recente defezione del presidente del Senato Pietro Grasso è solo l'ultimo dei colpi inferti a Renzi. Grasso, dopo aver lasciato il PD a causa di disaccordi sulle modalità di approvazione della legge elettorale, ha fondato "Liberi e Uguali" nuovo partito che negli ultimi sondaggi ha raggiunto quota 6%. Risultato: il PD è regredito al 22%. Anche la presidente della camera Laura Boldrini ha recentemente affermato che correrà con Grasso.


Inevitabilmente le divisioni della sinistra favoriranno gli altri due principali schieramenti politici in gara, il Movimento 5 Stelle fondato da Beppe Grillo e l'alleanza di Centrodestra di Silvio Berlusconi (Forza Italia), Matteo Salvini (Lega Nord) e Giorgia Meloni (Fratelli d'Italia). Complessivamente il Centrodestra avrebbe, oggi come oggi, il 36-38% dei consensi. Nelle ultime settimane è soprattutto Forza Italia ad aver contribuito a questo risultato superando, sia pur di poco, la Lega. Il successo è riconducibile alla persona di Silvio Berlusconi. Dopo una lunga pausa dalla politica attiva, Berlusconi ha dichiarato di volersi spendere nuovamente per il Paese soprattutto contro i rischi di un eventuale governo pentastellato. Su di lui pende però la sentenza della Corte Europea per i Diritti dell'Uomo che dovrà pronunciarsi sull'ineleggibilità (a presidente del consiglio o a qualsiasi altra carica istituzionale), sancita dalla legge Severino. 


La sentenza è attesa non prima della primavera 2018, ma Berlusconi non sembra farsene un problema, anzi la posizione di "vittima" potrebbe persino avvantaggiarlo in termini di risultato elettorale. Domenica 7 gennaio il Cavaliere (il titolo non gli è stato revocato, ndr) ha presentato il nuovo simbolo in cui, sotto "Forza Italia", si legge "Berlusconi Presidente". Si tratta chiaramente di una provocazione a scopo propagandistico, forse persino illegale e vedremo se passerà il vaglio della commissione elettorale del Viminale. Va detto che, nonostante il passato politico non propriamente brillante, le leggi ad personam, la condanna per frode fiscale, il "bunga bunga" e quant'altro, Berlusconi riscuote ancora consensi. Paradossi della politica. D'altronde i processi che lo hanno interessato sono lontani, nel tempo come nella memoria della gente. Comunque andranno le cose a Strasburgo, sono molti gli osservatori che credono in una rimonta di Berlusconi e che sarà lui, anche se dietro le quinte, a svolgere un ruolo determinante nel prossimo governo.


Passiamo al Movimento 5 Stelle. Nel giro di pochi anni il movimento è diventato il primo partito italiano raggiungendo, su scala nazionale, il 27% dei consensi. Ciò è stato possibile cavalcando la protesta della gente, in particolare nei confronti delle istituzioni europee e dell'euro. Nel settembre 2017 le elezioni primarie hanno designato Luigi Di Maio candidato premier nonché nuovo capo politico del movimento. Giovanissimo, Di Maio è inevitabilmente anche inesperto, soprattutto sul piano internazionale, e non è facile immaginarlo rappresentare l'Italia accanto a mastini della politica come la cancelliera Angela Merkel. È dunque legittimo, ove il movimento vincesse le elezioni, nutrire dubbi sulla sua capacità di guidare il governo. Peraltro esempi poco lusinghieri come quello dell'amministrazione comunale di Roma gettano un'ombra sull'attitudine dei "grillini" a ricoprire con successo responsabilità di governo, sia pur a livello locale.


La vera incognita delle elezioni politiche 2018 è tuttavia un'altra. È la neonata legge elettorale. Proprio perché neonata nessuno la conosce a cominciare dagli elettori. Alla difficile gestazione sta seguendo, in seno ai partiti, una laboriosa analisi per capire come e quanto il voto nei collegi uninominali premierà le coalizioni. Nei circa due mesi che ci separano dal voto vedremo se le negoziazioni della campagna elettorale metteranno gli elettori in condizione di recarsi alle urne con le idee più chiare. Nel momento in cui scriviamo è soprattutto il Centrodestra che potrebbe avvantaggiarsi dei meccanismi del "Rosatellum". I litigi e le conseguenti divisioni penalizzeranno invece il PD, nonostante sia stato il promotore della legge. 

Nel tradizionale discorso di fine anno Sergio Mattarella ha lanciato un appello ai cittadini affinché partecipino alle elezioni e ai partiti perché guardino avanti con "proposte adeguate, realistiche e concrete". È presto per dire chi vincerà il 4 marzo e se il risultato elettorale consentirà la formazione di un governo. Probabilmente assisteremo ad una situazione simile a quella tedesca, caratterizzata da estrema incertezza e difficoltà nel raggiungere un accordo. In questa situazione, e stante l'ineleggibilità di Berlusconi, è ragionevole ipotizzare che Mattarella dia a Gentiloni, con il parere favorevole di Renzi e dello stesso Berlusconi, l'incarico di formare il primo governo della XVIII legislatura. Inizierà poi il teatrino delle consultazioni nel tentativo di realizzare una coalizione di governo. Forse vedremo PD e Forza Italia accordarsi per una "grande coalizione all'italiana" tra Centrodestra e Centrosinistra, col Movimento 5 Stelle all'opposizione. Ciò lascerà molti insoddisfatti e non scongiurerà il rischio di tornare alle elezioni nel giro di pochi mesi.

 

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