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Categoria: Dossier
Pubblicato Giovedì, 09 Dicembre 2010 19:58

Una storia di uccelli, uccellacci e uccellini

Sorgerecht. Storica sentenza della Corte Europea per i Diritti dell’Uomo

Seit 1998 darf in Deutschland ein nichtehelicher Vater nur dann das Sorgerecht ausüben, wenn die Mutter einverstanden ist, sonst bleibt er rechtlos. Der Europäische Gerichtshof für Menschenrechte (EGMR) hat am 3.12.2009 entschieden, dass die deutsche Rechtslage diskriminierend ist. Nun ist die Regierung verpflichtet, unverzüglich eine gesetzliche Neuregelung zu schaffen, die die vom Gerichtshof beanstandete langjährige Diskriminierung beendet. Wird der deutsche Gesetzgeber ein neues Sorgerecht für nichteheliche Kinder schreiben, in dem auch engagierte Väter zu ihrem Recht kommen? “Eine vom Bundesjustizministerium beauftragte wissenschaftliche Untersuchung wird leider erst Ende 2010 vorliegen…“. So die Bundesjustizministerin Sabine Leutheusser-Schnarrenberger zur Sorgerechtsentscheidung des EGMR. Ein Blick auf die Naturwelt würde aber vieles lehren.

Pasquale Episcopo

Il pinguino imperatore è un animale straordinario. È un uccello, ma non vola. Ogni anno la femmina depone un uovo, che viene covato dal maschio. Deposto l’uovo, mamma pinguino lo affida a papà pinguino e marcia verso l’oceano per fare scorta di cibo. Per 65 lunghi giorni senza luce papà pinguino cova l’uovo. In questo tempo interminabile non abbandona mai il suo fardello, che morirebbe per congelamento. Se lo tiene stretto sotto il piumaggio, sulle sue zampe, in costante precario equilibrio. Non mangia e perde metà del suo peso. Che vitaccia, penserete. Ma non è solo. Con lui ci sono migliaia di altri papà dediti allo stesso compito. Ne sono ignari, ma tutti hanno sottoscritto lo stesso tacito quanto nobile contratto con Madre Natura. Quello di salvaguardare la continuità della specie. Così, nel buio, nel vento e nel gelo dell’inverno polare, migliaia di papà pinguini apparentemente immobili si stringono gli uni agli altri. Occupano le posizioni esterne solo per brevi periodi di tempo, in modo da ridurre l’esposizione al gelo. Alla fine, quando l’uovo si schiude, riescono a rigurgitare una poltiglia che per il piccolo rappresenta il primo pasto vitale in attesa di ricevere cibo fresco dalla madre che sta per ritornare. Singolare poi come questa ritrovi, in mezzo a migliaia di pinguini maschi, esattamente il proprio riconoscendo il richiamo sonoro del suo verso.

Il film-documentario “Die Reise der Pinguine” girato dal biologo francese Luc Jacquet e uscito nel 2005 ci ha mostrato da vicino la vita dei pinguini imperatore. Animali unici per la sorte che gli ha assegnato la natura.

Horst Zaunegger, chi è costui?

In natura, nel regno animale, non si celebrano matrimoni. Da millenni i pinguini imperatore adempiono di buon grado alla loro missione senza essere sposati. E senza sapere di non esserlo. Anche il sig. Horst Zaunegger, cittadino tedesco e musicista di Colonia, non è sposato, ma questo lo sa fin troppo bene. Per lui il 3 dicembre 2009 è stata una giornata felice. La Corte Europea per i Diritti dell’Uomo ha pronunciato a suo favore una sentenza storica. Gli ha riconosciuto il diritto di essere padre. Padre di sua figlia. Per capire perché egli passerà alla storia, e perché la sentenza di Strasburgo ha sollevato tanto interesse, bisogna guardare più da vicino la vicenda personale del sig. Zaunegger. Sua figlia nasce nel 1995 e vive con i genitori fino al 1998, poi per tre anni prevalentemente con il padre, infine dal 2001 prevalentemente con la madre. In tutti questi anni il sig. Zaunegger, pur continuando a vedere sua figlia, è escluso dal poter prendere decisioni riguardanti la bambina, escluso perché non ha la potestà genitoriale, “Sorgerecht” in tedesco. Causa della esclusione il non essere sposato con la madre di sua figlia. Non solo, non precisamente. Causa della esclusione il rifiuto della madre di mettere una firma su un foglio di carta, la dichiarazione detta “Sorgeerklärung” necessaria per l’esercizio congiunto della potestà.

Vi chiederete cosa ha di eccezionale una vicenda del genere. La risposta è semplice e immediata: nulla. Le separazioni sono all’ordine del giorno, questo è ben noto, e quella del sig. Zaunegger è una delle tante. Solo che qui il contenzioso non è tra lui e la madre di sua figlia, ma tra lui e la Germania.

Il paragrafo 1626a

La vera causa dell’esclusione del sig. Zaunegger dall’esercizio del “Sorgerecht” è un articolo del codice civile tedesco, il paragrafo 1626a. Questo stabilisce che due genitori non sposati hanno insieme la potestà se sottoscrivono entrambi la suddetta dichiarazione. In caso contrario soltanto la mamma ce l’ha. In pratica la norma si traduce in un diritto di veto della madre.

Il paragrafo 1626a è entrato in vigore il 1o luglio 1998 con la riforma del cosiddetto “Kindschaftsrecht”, complesso di norme riguardanti i rapporti tra genitori e figli. Prima di tale data il “Sorgerecht” era assegnato automaticamente ed esclusivamente alla madre, regola che però nel 1996 è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale, il “Bundesverfassungsgericht” di Karlsruhe. Scopo della riforma era quello di introdurre dei cambiamenti di legge nell’interesse del bambino, das Kindeswohl, e aventi lo scopo di eliminare le differenze tra figli di genitori sposati e no. Il paragrafo 1626a, pur aprendo la possibilità di un esercizio congiunto della potestà, lo ha fatto dipendere dall’assenso della madre, creando di fatto una disparità all’interno della coppia. Per tale motivo esso ha subito suscitato un coro di proteste da parte di moltissimi padri tanto che la stessa Corte Costituzionale se n’è dovuta occupare per valutarne la compatibilità al dettato della Costituzione, il “Grundgesetz”.

In una sentenza del 29 gennaio 2003 la Corte si è espressa a favore della costituzionalità della norma, deludendo le aspettative di molti uomini non sposati, tedeschi e non, padri di bambini nati in Germania e qui residenti. Nella motivazione i giudici di Karlsruhe affermavano che, anche in presenza del riconoscimento di paternità da parte del padre, non è superfluo assegnare la potestà alla madre… che il paragrafo 1626a non è in conflitto con la carta costituzionale perché la possibilità di avere insieme l’affidamento esiste firmando la “Sorgeerklärung”… che se una donna non firma devono esserci gravi motivi nell’interesse del bambino. “La madre è l’unica sicura persona di riferimento che il bambino trova alla nascita ed è giustificato affidare a lei il bambino e non al padre… Già durante la gravidanza tra madre e bambino si sviluppa, accanto al legame biologico, un rapporto che prosegue dopo la nascita. Anche se per lo sviluppo del bambino il padre riveste un significato rilevante, tuttavia egli solo dopo la nascita del bambino deve costruire con lui, purché lo voglia, una relazione che tra madre e figlio già esiste...” Mi fermo qui. Chiaramente nessuno dei giudici che hanno scritto queste parole, a cominciare dal presidente Prof. Dr. Papier, deve essere mai stato in Antartide. Il che è anche comprensibile. E neppure deve aver mai guardato, comodamente seduto nel salotto della sua abitazione, uno dei documentari della National Geographic o della BBC sulla vita dei pinguini imperatore. Peccato, perché poteva trarne insegnamento e suggerimenti preziosi per il proprio lavoro.

Il punto è però un altro. Noi non siamo qui per giustificare l’Alta Corte Suprema di uno Stato di diritto moderno e civilizzato come la Germania. È piuttosto tale Corte che deve dare giustificazioni, che deve motivare le proprie decisioni. Quello che è poi il suo compito istituzionale. E per fare questo non deve cimentarsi in materie che non  le competono come disquisire, senza peraltro dimostrare alcunché, sull’intima biologia del rapporto parentale. Deve semplicemente sfogliare e leggere le carte che rappresentano il riferimento più autorevole, carte di cui già dispone essendone essa stessa custode e garante: la Costituzione. Quella che dice che la dignità umana è inviolabile (articolo 1); che uomini e donne hanno gli stessi diritti e che nessuno può essere svantaggiato o favorito a causa del suo sesso (articolo 3); che la famiglia gode della particolare protezione dell'ordinamento statale e che la legge assicura ai figli naturali le stesse condizioni dei figli legittimi (articolo 6). Possiamo accettare che queste affermazioni non siano state considerate?

Torniamo al sig. Zaunegger. Quello che lui crede essere un suo diritto gli viene negato prima dall’”Amtsgericht” di Colonia, poi dall’”Oberlandesgericht”, infine anche dal “Bundesverfassungsgericht”. Deluso non si perde d’animo e continua tenacemente la sua battaglia. Si reca a Strasburgo e fa ricorso contro il paragrafo 1626a. Depositando la propria istanza egli ne indica le motivazioni richiamandosi a due articoli della “Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali” a suo parere violati dalla norma tedesca e cioè l’articolo 14, Divieto di discriminazione, e l’articolo 8, Diritto al rispetto della vita privata e familiare. È il 15 giugno 2004. Cinque anni e mezzo dopo la sentenza è pronunciata dalla quinta sezione della Corte di Strasburgo: un collegio giudicante formato da sette giudici europei. Sei di loro giudicano discriminante la norma paragrafo 1626a. Soltanto il giudice tedesco esprime parere contrario.

La sentenza della Corte Europea

La sentenza della Corte di Strasburgo è strutturata in tre parti principali. Eccole: 1. la posizione del Governo tedesco; 2. la posizione del ricorrente; 3 la valutazione della Corte. Delle prime due si è detto in precedenza. Occupiamoci pertanto della terza e riportiamone i passaggi principali. Un primo punto espresso dalla Corte è una precisazione inerente alla nozione di famiglia, che non è confinata a quella basata sul matrimonio e comprende le famiglie di fatto, formate da persone che vivono insieme senza essere sposate. Un bambino nato da tale relazione è, secondo la Corte, ipso jure parte di quella famiglia dal momento ed in virtù della sua nascita. Un secondo aspetto di cui si occupa la Corte nella sentenza riguarda il rapporto tra padre e figlio. Il piacere reciproco che questi hanno nello stare insieme rappresenta un elemento fondamentale della vita familiare. Ogni misura che ostacola questo piacere rappresenta una interferenza con il diritto protetto dall’articolo 8 della Convenzione. Ne segue che anche la decisione di rifiutare la potestà congiunta, che riguarda l’educazione, la cura e la determinazione della dimora, rappresenta una interferenza al diritto del ricorrente al rispetto per la sua vita familiare.

Una terza importante osservazione espressa dalla Corte è quella che si sofferma sulla inappellabilità della norma paragrafo 1626a. Respingendo l’istanza di un padre un tribunale tedesco neanche valuta se la potestà congiunta possa andare contro il bene del bambino o se al contrario non si debba assegnare la potestà anche al padre proprio nel migliore interesse del minore. Il punto cruciale, aggiunge la Corte, è ritenere a prima vista che l’affidamento condiviso realizzato contro la volontà della madre sia contro l’interesse del minore. Questa affermazione è cosi forte che desidero riportarne il testo originale: “The crucial point is that joint custody against the will of the mother of a child born out of wedlock is prima facie considered as not being in the child’s interest”. La Corte ha poi affermato di non essere stata convinta dalla questione, avanzata dal Governo tedesco e inclusa nella sentenza del “Bundesverfassungsgericht” del 29.01.2003, secondo cui il legislatore ha potuto legittimamente assumere che, se i genitori vivono insieme e la madre rifiuta la “Sorgeerklärung”, si tratta di un caso eccezionale in cui la madre ha seri motivi basati sull’interesse del bambino. La Corte ha ritenuto pertanto che ci fossero sufficienti motivi per concludere che c’è stata una differenza di trattamento tra il ricorrente e la madre come anche tra il ricorrente e i padri sposati (Violazione dell’articolo 14, Divieto di discriminazione).

Insomma, la sentenza di Strasburgo ha smontato pezzo per pezzo quella di Karlsruhe e dato una sonora bacchettata alla Germania e al suo Governo. Nel contempo ha rafforzato la fiducia e la speranza di chi crede nell’Europa e nei suoi valori di giustizia e democrazia.

The day after

Il giorno dopo, anzi no, già due giorni prima la notizia è stata riportata sui principali quotidiani e ne hanno parlato anche le televisioni. “Vatertag im Dezember” ha titolato in prima pagina la Süddeutsche Zeitung: “Strasburgo rafforza i diritti dei padri non sposati” facevano coro altre importanti testate. Il Governo ha riconosciuto la sconfitta ed ha annunciato che bisognerà modificare la norma in questione. Il nuovo ministro della Giustizia, la signora Leutheusser-Schnarrenberger, ha però già messo le mani avanti e preso le distanze.

Ha affermato che la sentenza di Strasburgo impone sì una revisione della normativa in Germania, ma che si tratta di un caso specifico… e poi ai padri senza Sorgerecht è riconosciuto comunque l’Umgangsrecht (diritto di visita, ndr). Ha inoltre anticipato che bisognerà attendere i risultati di uno studio conoscitivo commissionato al Deutsche Jugendinstitut in collaborazione con la Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco la cui conclusione è prevista per la fine del 2010. “Scopo dello studio“ ha precisato il ministro „ è vedere come vivono e che sviluppo hanno avuto le coppie di fatto che hanno bambini. E vogliamo sapere i motivi per cui, nonostante la possibilità di un esercizio congiunto della potestà, questa rimane soltanto alla madre”. Quindi bisognerà aspettare ancora un annoSignora ministro, mi scusi se interferisco, ma c’è bisogno di uno studio per decifrare la grande verità che si cela nella realtà delle cose? L’affermazione appare così ingenua che non può non sorprendere. A Roma si dice: ma ce sei o ce fai? Berlino però non è Roma. Insomma, prima si dà un vantaggio a qualcuno e poi ci si meraviglia se quello lo usa e ne abusa? La risposta se vuole gliela do io, signora ministro, così risparmia un anno di tempo e i soldi del contribuente. E magari anche una brutta figura. La risposta sta nell’egoismo dell’essere umano. Non solo: sta in un altro articolo di legge, il paragrafo 1671 ingiusto quasi quanto il 1626a e che consente, e per quanto mi risulta abbastanza facilmente, di passare dalla potestà condivisa a quella esclusiva. Sempre per il bene del minore, das Kindeswohl. Oggigiorno circa il 50% dei matrimoni finisce con un divorzio. Forse questo è uno dei motivi per cui la gente si sposa di meno. Siccome dopo i divorzi o le separazioni si fa abbondante ricorso a tale legge, perché darsi la pena di affrontare un processo quando basta tenersi nel cassetto il vantaggio in prudente attesa che i tempi maturino? L’occasione fa l’uomo ladro. E anche la donna, aggiungo io. Attenzione però. Questo atteggiamento mentale, questa consapevolezza di avere quel vantaggio, mina alle basi il concetto di parità ed il rispetto che ogni genitore dovrebbe nutrire nei confronti dell’altro genitore. E finisce col tradursi in una costante tentazione e in una determinazione ad utilizzarlo. È perverso. Covare questa tentazione consolida una pericolosa asimmetria in seno alla coppia che può tradursi in motivo di conflitto e persino di separazione. Per capire questa verità non c’è bisogno di alcuno studio, basta conoscere la natura umana. Le leggi non solo dovrebbero essere giuste, ma dovrebbero avere una chiara funzione educativa. Il cittadino deve potersi riconoscere in esse. È nell’accettazione di esse in quanto regole di convivenza, è nel convincimento della loro giustezza che ha le sue radici il senso dello Stato. Questi sono i valori veri e non le chiacchiere della propaganda elettorale.

Il precedente ministro, la signora Brigitte Zypries ha riconosciuto più volte, durante i suoi due mandati, la necessità di un cambiamento della legge. Poi però null’altro ha fatto che far censire le “Sorgeerklärung” effettivamente sottoscritte. Oggi sappiamo che a partire dal 2004 solo circa il 45% dei genitori non sposati ha firmato la dichiarazione. Sui motivi per cui il rimanente 55% non lo ha fatto non esistono dati certi. Ma queste informazioni non potevano essere raccolte prima? Non potevano essere raccolte già nell’ambito della ricerca denominata “Begleitforschung zur Umsetzung der Neuregelungen zur Reform des Kindschaftsrechts”, voluta proprio dal Ministero della Giustizia per verificare gli effetti della riforma e commissionata nell’aprile 1998 al Prof. Dr. Roland Proksch dell’ISKA, Institut für Soziale und Kulturelle Arbeit di Norimberga? Inspiegabilmente questa ricerca ha poi completamente ignorato le coppie di genitori non sposati e gli effetti del paragrafo 1626a. E ciò nonostante uno degli scopi dichiarati della riforma fosse quello di eliminare le differenze tra i figli di genitori sposati e non.

Insomma, non è ne bello né educativo fare ora dopo 11 anni un’indagine che già con l’entrata in vigore della riforma del “Kindschaftsrecht” poteva e doveva essere avviata.

La questione più importante è però un’altra: come mai il legislatore con la riforma del 1998 ha potuto partorire una norma così iniqua come il paragrafo 1626a?

Diritto naturale e diritto positivo

Per rispondere bisogna considerare la distinzione tra diritto naturale e diritto positivo.

Il diritto naturale è diritto che nasce dalla constatazione dell’esistenza della legge naturale. Questa è riconosciuta  quale fonte primaria a salvaguardia della persona umana e della vita. Il diritto naturale è universale. Altra cosa è il diritto positivo, definibile come l’insieme delle leggi che uno Stato e la collettività che vive sul suo territorio decidono di darsi per organizzare e regolare la convivenza sociale. Il diritto positivo è diritto che dipende dalla cultura, dal tempo e dal luogo in cui si vive. Il diritto naturale è diritto della persona. Il diritto positivo è diritto dei popoli. In quanto tale dipende dalla storia di un popolo.

Il rapporto che lega un genitore al proprio figlio è questione che riguarda il diritto naturale in primis, e che deve trovare poi nel diritto positivo la sua applicazione. In Germania per legge dello Stato a un figlio nato da genitori non sposati viene sottratto il 50% del suo diritto naturale. Il suo diritto di avere un padre viene consegnato nelle mani della madre, che a sua discrezione può concederlo oppure negarlo, che diventa arbitro e giudice al tempo stesso. Data l’inappellabilità della legge, la madre assurge ad essere superiore ed infallibile.

Il paragrafo 1626a è una norma che non ha eguali in Europa. Nella quasi totalità dei Paesi europei il riconoscimento della paternità assicura la potestà, perché in Germania no? Cercare di capire come mai sia stato possibile concepire questa norma richiede una conoscenza profonda della cultura, della storia e della mentalità tedesche. Richiede di capire il ruolo che a partire dal dopoguerra e dal boom economico donna e uomo hanno svolto e svolgono in Germania in seno alla società e alla famiglia. A tal riguardo svariati autori tedeschi (giornalisti, sociologi, psicoanalisti, etc.) hanno identificato tra le cause dell’odierno malessere sociale quella rappresentata da una progressiva perdita di importanza della figura paterna. Si vedano ad esempio le considerazioni dello psicanalista Horst Petri in “Das Drama der Vaterentbehrung” (Il dramma della privazione paterna, ndr) uscito nel 1999 oppure del giornalista Matthias Matussek in “Die vaterlose Gesellschaft” (La società senza padre, ndr) del 1998. Il discorso si fa lungo. Ma si fa anche interessante. Capire le cause di certe anomalie e resistenze di un singolo Stato è infatti il primo passo per consentirne il superamento e per aiutare il processo di integrazione europea. Questo deve trovare la propria forza nella condivisione di regole e valori. Sarebbe bello ad esempio avere un giorno un diritto di famiglia europeo o almeno un nucleo centrale di regole comuni che non lascino spazio alle mostruosità nazionali. È forse questa un’utopia?

Chi scrive non è un giurista, ma è un padre. E come padre desidera esprimere il suo parere in merito ad una questione assai più semplice, direi più elementare. Elementare perché vicina alla natura umana. La questione riguarda il significato dei due elementi essenziali alla base del rapporto tra un genitore e un figlio: l’amore e la responsabilità.

Privare a priori il genitore, madre o padre che sia, di uno di questi due elementi vuol dire minare alla base la natura e la stessa identità del rapporto. Amore e responsabilità sono inscindibili. Inseparabili. L’amore non può esserci senza la responsabilità e viceversa. Essi si completano e si integrano. L’amore rende leggera e ben accetta la responsabilità, questa dà forza e robustezza all’amore. Sono gli elementi costitutivi della potestà genitoriale. L’essere umano è dotato di libertà e volontà. Riconoscere un figlio davanti alla legge e alla società vuol dire manifestare liberamente la volontà di stargli vicino ed esserne responsabili. Se non vuole, un padre è libero di non riconoscere il figlio, questo può farlo anche una madre. Ma se lo riconosce, allora si impegna in un rapporto per la vita. È questo il vero contratto, palese e tacito al tempo stesso, che ogni genitore che lo voglia fa con il proprio figlio e con se stesso. È in questo contratto che risiede la forza e la garanzia della potestà genitoriale, del Sorgerecht.

Privarne un genitore perché non si è sposati o per il timore di rendere conflittuale il rapporto tra madre e padre è una misura che disconosce la legge naturale, aumenta il rischio dell’alienazione parentale, non riduce ma accentua la conflittualità e finisce col danneggiare i figli togliendogli un diritto che è prima di tutto loro: avere non uno, ma due genitori.

Riuscirà il legislatore a capire queste semplici considerazioni? Riuscirà a capire che tra i motivi per cui molti padri discriminati e senza Sorgerecht finiscono col perdere contatto con i propri figli c’è proprio il paragrafo 1626a? Riuscirà a capire la misura del danno derivante dall’aver spezzato il sacrosanto legame esistente tra responsabilità e amore?

A giudicare dalle reazioni del day after sembrerebbe di no.

Vogliono fare un’indagine conoscitiva. Mi chiedo cosa potrà mai indagare questa indagine. Se un figlio ha bisogno di sua madre e di suo padre? Se un padre ama suo figlio? Se gli parla, se gioca insieme a lui, se gli legge le fiabe prima che si addormenti, se gli cucina la pasta al sugo, se lo aiuta a fare i compiti di matematica, se lo porta al cinema, allo zoo, al circo e, pensate un po’, persino a mangiare la pizza margherita? Non sarà una nuova interferenza nella vita privata dei cittadini? Una nuova violazione? E non dovrebbero invece essere i cittadini ad indagare se un politico fa bene il lavoro per cui è stato eletto e per cui è pagato profumatamente? Se ha la sensibilità di cogliere le tendenze, di interpretare i nuovi schemi in atto in Europa, in particolare per quanto riguarda la famiglia? Queste tendenze sono facilmente riconoscibili. In praticamente tutti i Paesi europei la quota di nascite extranuziali sul totale delle nascite è in aumento. Riporto alcune cifre rese note da Eurostat, l’organo di raccolta dati e di elaborazione statistica della Commissione Europea. Dal 1996 al 2007 in Germania le nascite extranuziali sono passate dal 17% al 31%; in Italia dal 8% al 21%, in Spagna dal 12% al 28% (2006); in Francia dal 42% (1998) al 52%; nel Regno Unito dal 36% al 44%. Il trend è chiaro. C’è un numero sempre maggiore di unioni di fatto e da queste unioni nascono sempre più bambini.

Rimanendo in Germania, solo nel 2008 ci sono state circa 220.000 nascite extranuziali. Questi bambini sono forse cittadini di seconda classe? Tra di loro molti sono figli di famiglie miste, famiglie con genitori di nazionalità diverse. Sono bilingui e hanno una doppia identità culturale. Bambini un po’ meno tedeschi e un po’ più europei. Bambini che portano in petto il senso dell’integrazione europea, e che essa impersonano. Rappresentano il futuro e la speranza del vecchio continente. Meritano rispetto e attenzione come e forse più degli altri. Perché sono i bambini che rischiano di più. Perché se perdono i loro padri perdono la metà di se stessi.

Il poeta libanese Kahlil Gibran ne “Il Profeta” scrive:

“E una donna che stringeva il proprio figlio al seno chiese: parlaci dei figli.
Ed egli disse: I vostri figli non sono i vostri figli. Sono i figli e le figlie della smania della vita per se stessa…Vengono attraverso di voi, ma non da voi, e benché stiano con voi, tuttavia non vi appartengono. …Voi siete gli archi dai quali vengono proiettati in avanti, come frecce viventi. L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’Infinito ed Egli vi tende con la Sua potenza in modo che le Sue frecce vadano rapide e lontane…
.”

Nessuno ha diritto ad interporsi tra Arciere, arco e frecce e interferire con questo disegno.

Fazit. Gli uccelli, gli uccellacci e gli uccellini

In Germania, in Europa e nel mondo ci sono due parole che sono usate ogni giorno più volte, ripetutamente, due parole pronunciate con estrema facilità, ma anche con superficialità.

Due parole inflazionate. Sono le parole grazie e scusa. Si dice grazie molto spesso, raramente però provando gratitudine vera. Altrettanto spesso si dice scusa. Si pronuncia la parola scusa in modo sbrigativo e senza sentire il bisogno di offrire poi una riparazione a chi si è offeso.

La storia che ho raccontato fin qui è una storia di una ingiustizia perpetrata con forza di legge. Moltissimi i personaggi che vi hanno preso parte, menzionati e non, visibili, meno visibili ed invisibili. In alcuni casi hanno svolto un ruolo determinante, in altri minore. Personaggi di una storia di umane miseria e nobiltà. Uccelli, uccellacci, uccellini.

Identificarli non è difficile. Gli uccellacci sono quelli che hanno fatto una brutta figura.

Gli uccelli e gli uccellini non l’hanno fatta. Pur essendo i perdenti.

Gli uccellacci sono quelli che dovrebbero chiedere scusa e aggiungere: che cosa posso fare per riparare? L’elenco è lungo. Il Governo che ha concepito il paragrafo 1626a. I giudici, a cominciare da quelli di Karlsruhe, che nella norma non hanno riconosciuto la palese contraddizione con la Costituzione, che figuraccia! Gli avvocati che pur ben sapendo che non c’era nulla da fare hanno preso soldi da padri sprovveduti. I funzionari degli “Jugendamt” che hanno omesso di informare, e se l’hanno fatto hanno consigliato male seminando zizzania.

Le madri che hanno abusato e abusano di un diritto che diritto non era e non è. Che hanno confuso la maternità con un diritto di proprietà personale ed esclusiva. Che nella prospettiva di potersene avvantaggiare hanno taciuto ai padri la verità di essere le sole ad avere il “Sorgerecht”, che tristezza! Che hanno preferito far correre al proprio figlio il rischio di perdere il padre, pur di non condividere con questo diritti e doveri. Che ancora oggi ignorano la sentenza di Strasburgo quando invece potrebbero fare un semplice gesto di correttezza, di responsabilità e di amore: firmare, ancorché tardivamente, la “Sorgeerklärung”. E poi i nonni, i parenti, gli amici che avrebbero potuto consigliare e se ne sono ben guardati. E poi ancora tutti coloro che a vario titolo nelle istituzioni politiche, sociali e religiose fino ai più alti gradi potevano nella loro posizione fare qualcosa e non lo hanno fatto, non hanno mosso un dito, nonostante le belle parole delle lettere encicliche o pronunciate in pubblico.

Gli uccellini sono loro, i nostri figli e le nostre figlie. Sono le vittime innocenti, le migliaia e migliaia di bambini che potevano vivere anni più sereni e non gli è stato possibile, che potevano sorridere una volta di più e invece hanno pianto. Secondo l’associazione “Väteraufbruch” sarebbero un milione e seicentomila. Poveri piccoli. Ignari, hanno sopportato qualcosa che era troppo più grande di loro, qualcosa di incomprensibile e inaudito. Chi avrà domani il coraggio di spiegargli come sono andate le cose? Chi potrà e come, risarcirli dei danni subiti? Chi gli chiederà scusa?

Gli uccelli sono tutti coloro che fin dalla sua entrata in vigore hanno denunciato l’ingiustizia e la discriminazione della norma, che hanno opposto resistenza, che hanno remato contro corrente, che hanno offerto il loro contributo per un miglioramento delle cose. Sono i giudici di Strasburgo (eccetto uno),  i giornalisti coraggiosi, gli editori, i politici seri, i bravi professionisti, avvocati, psicologi, mediatori. Sono le associazioni e i movimenti che hanno creduto e combattuto. Sono i biologi e i naturalisti che osservano e studiano leggi assai più  affidabili di quelle create dall’uomo.  Sono i poeti che con la loro penna e con il loro cuore di quelle leggi immutabili ci parlano e ci raccontano.

Uccelli sono le madri giuste. Le madri che hanno subito capito cosa fare e cosa non fare. Che hanno rinunciato a un privilegio che poteva rivelarsi pericoloso per i loro stessi figli. Che hanno considerato i padri dei propri figli come loro pari. Che non hanno ricattato o umiliato. Che hanno accettato la mediazione, capendo che la posta in gioco non era il loro interesse personale ma quello del proprio figlio. Che  nonostante la separazione hanno voluto comunque sottoscrivere la Sorgeerklärung e con essa un patto di collaborazione. Che con la loro firma hanno voluto dare valore e significato alle parole parità, rispetto, amore e responsabilità. Che hanno capito che non c’è rispetto senza parità, né amore senza rispetto, né responsabilità senza amore.

Uccelli sono i padri che hanno combattuto in silenzio e nell’anonimato, che hanno ingoiato bocconi amari, ma non hanno rinunciato a fare il loro dovere di genitori presenti e attenti. Tra questi Horst Zaunegger a cui va la solidarietà e la gratitudine del popolo dei papà discriminati e dei loro figli. Tra di loro anche quegli uomini che fra un anno o forse più, quando la legge sarà stata cambiata potranno finalmente vedersi riconosciuto il loro diritto di essere padri pienamente e quello dei loro figli di esser pienamente figli. È assai probabile che quegli uomini se lo vorranno, dovranno recarsi in un tribunale per discutere davanti a un giudice il loro caso e tentare di convincere quello sconosciuto che sono stati buoni padri. Sappiamo già che molti di loro non rischieranno di caricare con un peso ormai privo di significato la vita già provata dei loro figli diventati nel frattempo grandi, e vi rinunceranno.

Uccelli infine sono i nostri amici pinguini imperatore. Animali straordinari non per la loro inabilità al volo, quella ce l’hanno anche gli struzzi, ma per l’impegno e la tenacia con cui assolvono il compito della procreazione. Femmina e maschio, mamma e papà. A – 60°C.

In questi tempi di allarme per il clima c’è chi dice che entro la fine del secolo si ridurranno a poche centinaia di individui. A loro dobbiamo dire scusa, per quanto può servire, per il male che gli abbiamo fatto e che gli continueremo a fare. Dobbiamo dirgli grazie per quello che in silenzio, da sempre e fino a quando glielo consentiremo, hanno tentato e tenteranno di insegnarci .

Riferimenti

Testo del paragrafo 1626a: http://dejure.org/gesetze/BGB/1626a.html

Statistica Kindschaftsrecht  - Maggio 2000 - dati raccolti dal Prof. Proksch su incarico del BJM

Sommario (marzo 2002) dello studio del Prof. Proksch sulla introduzione della riforma del Kindschaftsrecht

Testo della sentenza del 29.1.2003 del Bundesverffasungsgericht:

Testo della sentenza del 3.12.2009 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo:

Le dichiarazioni del ministro della giustizia, sotto Pressemitteilungen (3.12.2009):

Dati percentuali relativi alle nascite extranuziali sul totale delle nascite in EU:

(2010-1 pag 36)

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