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Categoria: Editoriali
Pubblicato Sabato, 06 Luglio 2013 13:02

TERZA REPUBBLICA?

Pochi giorni fa il tribunale di Milano ha emesso, a carico di Silvio Berlusconi, una sentenza il cui effetto sarà quello di concludere non solo la carriera politica di un singolo uomo, ma l'era che per vent’anni ha condizionato la vita di 60 milioni di italiani. Sette anni di carcere e l’interdizione perpetua dal ricoprire incarichi pubblici sono un macigno contro il quale l'uomo Berlusconi potrà anche fare appello in sede giurisdizionale, ma che difficilmente consentirà la sopravvivenza del personaggio politico. 
Con la sentenza di Milano è praticamente terminata la seconda Repubblica. Questa era nata nei primi anni '90 a seguito delle indagini dei giudici di “Mani Pulite” che avevano messo allo scoperto un sistema diffuso di corruzione passato poi alla storia col nome di “Tangentopoli”. Gli scandali decretarono la fine dei partiti principali della prima Repubblica, Democrazia Cristiana e Partito Socialista in primis. Recentemente è scomparso Giulio Andreotti, anche lui oggetto di accuse, indagini e sentenze, uomo che in mezzo secolo più di qualsiasi altro personaggio politico ha impersonato il sistema di potere della prima Repubblica. 
 
Se la fine della seconda Repubblica è ormai in atto, non è assolutamente chiaro cosa nascerà dalle sue ceneri e quale destino attende gli italiani. Le molte somiglianze tra le due Repubbliche, la prima e la seconda, non fanno ben sperare per la terza. L’attuale crisi economica rende poi il quadro decisamente complesso e anche fuorviante giacché impedisce di individuare con chiarezza le cause dei problemi di quasi settant'anni di storia italiana. Queste cause risiedono in gran parte nella cultura e nel tessuto sociale degli italiani e la politica non ne è altro che un'espressione piuttosto insufficiente. Lo hanno confermato le recenti elezioni, con i vecchi partiti battuti dalla cometa Grillo che ha intercettato sì la protesta e il malcontento di milioni di elettori, ma che si è poi rivelata un fuoco di paglia. Mario Monti ha messo ordine nei conti pubblici, ma ha poi pagato a caro prezzo la sua politica di rigore. I dissidi post-elezioni interni al Partito Democratico, l'incapacità del Popolo della Libertà di trovare una nuova identità (e un capo) dopo Berlusconi, la scomparsa della Lega e di politici come Di Pietro e Fini sono tutti segni tangibili della incapacità del Paese di produrre nuove idee e nuovi leader (la rielezione di Giorgio Napolitano ne è la conferma). A ciò si aggiunga l'esercito di chi ormai non va più a votare e che da tempo ha voltato le spalle alla politica. Cosa ci aspetta allora? 

Una cosa è certa. Data la sempre maggiore influenza (e ingerenza) di Bruxelles nei meccanismi di funzionamento degli Stati, la terza Repubblica, se mai nascerà, sarà sempre più condizionata dall’Europa. La crisi economica e i grandi mutamenti in atto nel mondo (e soprattutto nei vicini continenti Africa ed Asia) imporrebbero una accelerazione del processo di costruzione europea. Ma anche qui non mancano resistenze, conflitti e divergenze. Cose che evidenziano quanto la strada sia difficile e lunga. Tutto ciò crea sconforto e mina alla base la fiducia di chi ancora crede all’Europa. La grande scommessa riguarderà la capacità degli Stati europei di rinunciare a parte della sovranità per dare finalmente corpo agli Stati Uniti d’Europa con sufficienti autonomie locali e con un sistema di gestione politica centrale che sappia essere all'altezza delle sfide del futuro. Solo in un Europa coesa socialmente, riformata politicamente e forte economicamente l'Italia della terza Repubblica potrà cominciare a risollevarsi dai suoi mali passati e presenti. In assenza di quell'Europa la terza Repubblica ha il destino segnato. Quello di un giovane nato vecchio e malato di una malattia terminale.

Pasquale Episcopo
Monaco, 7 luglio 2013

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