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Categoria: Gastronomia
Pubblicato Mercoledì, 10 Novembre 2010 13:29

Il Katzlmacher

Intervista a Claudio Zanuttigh, il “Katzlmacher”

In der Zeit als die Scherenschleifer, Mausfallen-Händler und Bauhilfsarbeiter von Italien übers Gebirge kamen, waren auch welche dabei, die haben Vogelhäusel und selbstgeschnitzte Holzwaren verkauft. Unter diesen Holzwaren waren auch sogenannte “Katzl”. Das waren hölzerne Schöpflöffel mit längerem Stiel, mit denen in Südtirol und Italien aus den primitiven Brunnen Wasservorrats-Behältern das Wasser zum Trinken herausgeschöpft wurde. Und weil eben diese Gefäße “Katzl” hießen, was wahrscheinlich auch einem Südtirolerischen Ursprungswort il cathuo‘l (Claut in Valcellina) entstammt, waren diejenigen, die die “Katzl” machten, die Katzlmacher.

Claudio Zanuttig davanti al ristorante

Gianni Minelli

Interventi (IV): Claudio, tu sei il proprietario di un ristorante italiano molto conosciuto a Monaco, il Katzlmacher. Raccontaci da dove vieni e quali sono state le tue prime esperienze in Germania.
Claudio Zanuttigh (CZ): sono nativo di Cividale del Friuli e sono venuto in Germania per libera scelta. Quando avevo 14 anni mia madre mi disse: se tu non studi ti mando da tuo fratello in Germania! Ed io ho fatto apposta a non studiare affinché lei mi mandasse su a lavorare.
A 15 anni sono andato a Stoccarda dove ho subito avuto un’esperienza per me molto importante. Quando arrivai la prima sera col treno mio fratello non c’era ad aspettarmi. Il compaesano che mi accompagnava mi disse allora di aspettare su di una banchina fino al giorno successivo. Io invece feci a lungo l’autostop finché un signore tedesco si fermò: senza poterci capire a parole lui lesse l’indirizzo che gli mostrai e dopo avermi pagato il biglietto del treno mi portò al binario giusto. Fui stupefatto della sua gentilezza. IV: Come mai hai dato al tuo ristorante un nome tedesco?
CZ: Il primo peccato al mondo è stato proprio la curiosità. Per questo ho cercato un nome che stimolasse la curiosità dei clienti. Perché non usare proprio il dispregiativo che usavano i tedeschi riferendosi agli italiani? Allora, per fare una prova, dissi di proposito a mia moglie: sai oggi sono andato a mangiare dal Katzlmacher. E lei assai sorpresa esclamò: dove sei andato? Ed ebbi subito la conferma che l’idea era buona.
I: Quali sono i tuoi migliori clienti e qual è la particolarità del tuo locale?

CZ: I miei clienti più affezionati sono proprio quelli che sanno apprezzare quello che facciamo. Voglio che rimangano soddisfatti e mi piace che me lo esprimano. Non voglio che mi dicano: sì sì, mi è piaciuto, e poi non ci vengono più. Io desidero capire prima possibile se il cliente apprezza sia il servizio, sia la cucina, sia l’ottica stessa del locale.

I: Per quanto riguarda il servizio cosa si aspettano i tuoi clienti?

CZ: I tedeschi, in particolare quelli del sud della Germania, di solito conoscono già la vita italiana e l’atmosfera mediterranea. Loro si aspettano proprio quella voglia di vivere, la "nostra” maniera, per molti aspetti così diversa dalla loro.
I: Hai altri interessi oltre alla gastronomia? È vero che t’interessano molto il teatro e la commedia dell’arte?

CZ: Da buon friulano sono molto attratto dal vivere napoletano. Proprio perché il carattere dei napoletani si è sviluppato in un punto di passaggio tra il settentrione e l’oriente, essi hanno particolarmente spiccato il senso dell’ospitalità, che esprimono ad ogni occasione. Se uno arriva a Napoli con due camicie, lo spogliano; se invece lo trovano senza camicia, gliene danno una!
I: Abbiamo sentito che lo scorso Natale hai organizzato davanti al tuo ristorante un presepe con figure di legno a grandezza naturale. Vuoi raccontarci di questa tua iniziativa, quali erano i tuoi intenti?

CZ: Io desidero sempre bilanciare il dare con il ricevere. E penso che proprio nello scambio ci sia il giusto equilibrio. Sono sempre alla ricerca di cosa potrebbe mettere in buona luce il mio ristorante dandogli un tocco di movimento. Se un bicchiere di champagne non ha le bollicine, è solo un bicchiere di vino. L’iniziativa del presepe è cominciata 6-7 anni fa, quando, per valorizzare l’esterno del locale nei mesi invernali, ho deciso di far venire dall’Italia due amici artisti, Giorgio Benedetti e Franco Maschio, persone di gran cuore. Ho detto loro: voi venite una settimana da me a Monaco, io faccio venire i tronchi e voi mi fate qualcosa qui. È per voi e per me. Da allora sono venuti su ogni anno e nel frattempo siamo arrivati ad una ventina di sculture. Lo scorso Natale fu un gran successo.


I: Che cosa hai intenzione di farne delle sculture?

CZ: La mia intenzione non è solo quella di fare felici i miei clienti ma quella di venderle, ad esempio all’asta, e dare il ricavato per un fine benefico. Oppure di regalarle al paese vittima del terremoto dello scorso anno in Italia. Per regalare un gesto di felicità. Per far felice qualcuno. I: Che cosa hai ancora nel cappello, anzi in pentola per il futuro?
CZ: I progetti che ho sono legati all’orgoglio di poter dare e non solo di ricevere. L’idea nuova è quella di riunire dei bambini di molti stati diversi e di portarli ad un pranzo dove possano conoscersi. Vorrei portarli qui nel mio ristorante in maniera che possano rendersi conto di come si mangia in Italia, per farli diventare amici e far loro conoscere la cucina e i modi italiani. Poi avrei offerto ad un altro collega di un’altra nazionalità la possibilità di continuare in questa iniziativa per fare anche lui qualcosa per la sua "animaccia”. Che anche lui facesse la stessa cosa con i "suoi” bambini. E così via. Attraverso questo non si instaura solo una comunicazione ma spero che si possa anche imparare a migliorare la propria cultura e i propri contatti sociali. Presentarsi come si mangia, con quello che si mangia e come ci si comporta. Per me e i miei colleghi non è solo importante presentare così il proprio locale ma per se stessi. Sempre secondo il principio di cercare il benefico equilibrio tra il dare e il ricevere.


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