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La Venezia proibita di Donna Leon

Perché i gialli che hanno come protagonisti Venezia ed il commissario Brunetti sono letti ed apprezzati in tutto il mondo ma in Italia praticamente sconosciuti? Perché l’autrice, l’americana Donna Leon, non ne autorizza la traduzione in italiano

Während die Romane der Amerikanerin Donna Leon sehr viel Erfolg auf der ganzen Welt haben, sind diese in Italien praktisch unbekannt, da sie nicht ins Italienische übersetzt werden dürfen. Die Autorin will weiterhin in Ruhe dort - in Venedig - leben ohne bekannt zu sein wie ein bunter Hund.

Gianni Minelli

In Germania le storie del commissario Brunetti sono molto popolari soprattutto per le riuscite riproduzioni televisive che vengono spesso riproposte. Ma insomma di cosa trattano i suoi racconti?

 

Sullo sfondo di campi, calli e ponti della Venezia d’oggi il commissario si muove con stile e molta umanità, quasi sempre accompagnato dal fedelissimo e intelligente subalterno Vianello. Alle 13 di ogni giorno Brunetti si presenta a casa, dove la moglie Paola gli fa trovare pronti gustosi pranzetti. Di regola, mentre i Brunetti con i figli siedono a tavola, il commissario riceve una telefonata dalla questura. Senza scomporsi si mette una giacca e si congeda con un bacio ricambiato dalla pazientissima moglie, che con i suoi modi ci ricorda una signora Maigret molto più moderna ed emancipata anche se non meno devota, e si avvia sul luogo del delitto. Sappiamo che Paola è un autoritratto “dichiarato” dell’autrice.

Tra i cattivi delle avventure di Brunetti troviamo non solo furbi o sciatti assassini ma anche l’ottuso e arrogante vice-questore Patta con cui il commissario deve fare perennemente i conti, essendo questi più che altro interessato al quieto vivere e ad evitare ogni complicazione. Quasi, certe volte, fino al punto di sabotare spudoratamente le indagini del commissario.

 

Nonostante i perenni occhi dolci dell’elegante Elettra, efficientissima segretaria del vice-questore,

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Un'utile strumento per approfondire la conoscenza della lingua tedesca

Segnaliamo ai nostri lettori la "Deutsche Grammatik für Italiener" del prof. Hans Scollo

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Presentata come una "grammatica contro corrente, comparativa fra il tedesco e l'italiano con riferimenti all'inglese", l'opera del professor Hans Scollo, insegnate di tedesco sudtirolese residente a Cantù, è un interessante ausilio riservato a chi, italiano, desidera approfondire la conoscenza della lingua e della grammatica tedesca.

Sul sito web ufficiale della Grammatica (http://www.grammaticatedesca.netsons.org/) si possono leggere numerose referenze su quest'opera ed acquistare direttamente il libro, contenuto anche nel catalogo dell'Itallibri di Monaco di Baviera.

 

 

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La misteriosa vendetta ne Il barile di Amontillado

Quando il Carnevale maschera l’orrore, il grottesco ed altro ancora

Sandro Fossemò

Il breve racconto gotico intitolato “Il barile di Amontillado” ( The Cask of Amontillado ,1846) è un esempio perfetto dell’arte di Poe in quanto presenta numerosi elementi legati al principio artistico del grottesco e dell’ arabesco.

Nell’elemento ‘grottesco’ rintracciamo il concetto di ‘grotta’. Questo coincide in pieno con l’ambientazione del racconto in una fredda cantina dalle pareti umide, in cui si legge anche un nesso legato alla gelida oscurità dell’abisso, con la sua deforme e mostruosa profondità. Nell’‘arabesco’ si esprime invece qualcosa di intricato, di bizzarro o di difficile interpretazione. Nel breve racconto in effetti si sviluppa una vena enigmatica, allo stesso tempo arcana e ritualistica, da invitare il lettore a un’esegesi attenta e minuziosa, per poter comprendere appieno il rilievo semantico dell’intreccio simbolico. Essendo la storia ambientata in un fosco sotterraneo, anche la narrazione diviene a sua volta criptica, con frasi e simboli a doppie interpretazioni.


 

È un assassinio premeditato quello che si descrive nel racconto, una vendetta eseguita con lucida e fredda crudeltà demoniaca negli abissali sotterranei del palazzo di Montresor (artefice della vendetta stessa), disseminati di barili e resti umani, di ossa ammonticchiate.

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Un'indagine senza colpevole

Intervista a Francesco Fioretti, autore del romanzo storico "Il libro segreto di Dante"

Der bekannte italienische Schriftsteller Francesco Fioretti gibt uns im Interview Hinweise zum Verständnis seines Bestsellers "Il libro segreto di Dante".

Giulio Bailetti

Monaco, 17 gennaio 2012.
INTERVenti (IV): Prima di tutto, cosa ci fai qui a Monaco?
Francesco Fioretti (FF): Mia moglie Sylvia è monacense, e io sono venuto qui a fare un dottorato di ricerca, naturalmente su Dante.

IV: Veniamo al tuo primo romanzo, "Il libro segreto di Dante". Un libro che è uscito a maggio e che ha venduto, si dice, intorno alle centomila copie. Te lo aspettavi? E a cosa pensi sia dovuto tutto questo successo?
FF: Non me lo aspettavo, e ancora mi chiedo se è vero. A volte penso che il successo sia dovuto fondamentalmente ad un equivoco: nel romanzo c’è la lettura di un codice segreto contenuto nella Divina Commedia che ha fatto pensare a Dan Brown, e l’editore, cui vanno riconosciuti un fiuto eccezionale e una grande capacità di capire i movimenti del mercato, ha puntato tutto su questo elemento, ha deciso lui titolo e copertina e con questo ha invaso le librerie. Benissimo: però il romanzo non è un thriller e con Dan Brown ha poco a che vedere, le recensioni su internet dei lettori di thriller classici sono un’unanime stroncatura. Ma è proprio grazie a tanto rumore che il libro ha trovato alla fine anche i lettori cui era destinato, il suo pubblico vero, ed è per questo forse che ha scalato le classifiche. Eppure, fosse stato presentato per quel che realmente è, avrebbe mai fatto tanto chiasso? Si sarebbe mai aperto una sua strada? Adesso che mi conviene, comincio a credere nel destino...

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Il ”Panteon“ italiano della casa editrice Bruckmann

L’attenzione per l’arte italiana della Bruckmann Verlag di Monaco

Der Münchner Bruckmann Fachverlag widmet der italienischen Kunst schon seit den 1920er Jahren viel Aufmerksamkeit. Besonders bemerkenswert sind die kunstgeschichtlichen Studien von Nina Caflisch über den italienischen Künstler Carlo Maderno.

Giuseppe Muscardini

La costante volontà della casa editrice Bruckmann Verlag di Monaco di porre la lente sull’arte italiana attraverso gli scritti di specialisti pubblicati nella rivista “Bruckmanns Pantheon”, ha contrassegnato gli anni del boom economico. Ancora prima degli anni Sessanta, tra i molti titoli in catalogo, figurava l’accreditato volume di Nina Caflisch Carlo Maderno. Ein Beitrag zur Geschichte der römischen Barockarchitektur, stampato a Monaco nel 1934. Fino ad oggi l’edizione non ha goduto della traduzione italiana. Nei primi anni Venti la redazione del prestigioso Allgemeines Lexikon der bildenden Künstler (conosciuto dagli studiosi come il Thième-Becker, dal nome dei primi curatori che nel 1907 elaborarono il piano editoriale dell’opera), assegnò alla giovane studiosa Nina Caflisch un incarico impegnativo.

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La figlia del Mago

Rintracciate due lettere autografe dello storico dell’arte Jenö Lányi risalenti al 1928 che ci parlano del soggiorno monacense di Monika Mann

La pubblicazione di due lettere del critico d’arte Jeno Làny spedite da Monaco a Giuseppe Agnelli, sono lo spunto per contestualizzare la tormentata vita di Monika Mann, figlia di T. Mann, diventata poi la sposa di Làny. Nel libro autobiografico di Monika Mann Vergangenes und Gegenwärtiges che vengono descritte le tristi vicende della sua vita, a partire dalla  drammatica e precoce vedovanza, fino al periodo trascorso in compagnia di Antonio Spadaro, un semplice pescatore dell’isola di Capri, per poi concludersi con il definitivo ritorno nella casa della sua famiglia in Svizzera

Giuseppe Muscardini

Quello che divenne un accreditato studioso di Jacopo della Quercia, all’epoca era un ventiseienne universitario residente a Monaco di Baviera in Von-der-Tann-Straße. Dodici anni più tardi, al largo delle coste inglesi, si consumò una tragedia: i siluri dei sottomarini tedeschi (denominati U-Boot, Unterseebooten) centrarono e affondarono la nave civile britannica City of Benares. A bordo, fra i molti passeggeri diretti in Canada, lo stesso Jenö Lányi e la moglie Monika Mann, figlia di Thomas Mann. L’uomo fu inghiottito dalle acque gridando più volte il nome della moglie. Monika gli sopravvisse per cinquant’anni e, figlia di tanto padre, rievocò quei tristi fatti nel libro autobiografico Vergangenes und Gegenwärtiges.

Quando Giuseppe Agnelli, discepolo e collaboratore di Giosuè Carducci, in una giornata autunnale del 1928 ricevette da Monaco di Baviera la lettera di un ventiseienne che preparava la tesi di laurea, non c’erano ragioni per immaginare i curiosi intrecci di questa storia. Niente di fantasioso vi è in un racconto supportato dai documenti e da ricostruzioni del tutto veritiere che non lasciano spazio a dubbi di sorta sull’identità di quel giovane studente di nome Jenö Lányi. Ungherese di origine, israelita, iscritto ai corsi del Kunsthistorisches Institut dell’Università di Monaco, Jenö risiedeva all’epoca al numero 22 di Von-der-Tann-Straße. A Giuseppe Agnelli si rivolgeva per ottenere utili informazioni bibliografiche e archivistiche

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Werther alla conquista dell’Italia

Curiosità sulla prima traduzione italiana della celebre opera di Goethe

„Die Leiden des jungen Werthers“ beeinflußte damals Mode, Angewohnheiten, Haltungen, Ideen und Litertatursprache. Die Erste Übersetzung in italienische Sprache wurde 1782 in Poschiavo durch die Druckerei von Giuseppe Ambrosini publiziert: Der Adlige Thomas Maria Freiherr De Bassus kaufte damals die Druckpressen in Bayern und lieferte sie nach Italien. Die Übersetzung wurde an den Maillander Gaetano Grassi in Auftrag gegeben, welcher wie De Bassus und Goethe nah zu dem „Bayerischen Illuminatenorden“ war. Bei dem Orden hatte Goethe den Codenname „Abaris“ und De Basso „Hannibal“

Giuseppe Muscardini

Il riscontro ottenuto negli ultimi mesi dal film Angeli e demoni, trasposto dall’omonimo romanzo di Dan Brown, convoca curiosità su un’interessante vicenda editoriale che coinvolse attivamente la società segreta dell’Ordine degli Illuminati di Baviera nella persona dell’influente Thomas Maria Freiherr De Bassus, podestà del luogo e propugnatore di idee invise alla Chiesa. Affiliato come Johann Wolfgang Goethe all’Illuminatenorden bavarese, nel 1782 condusse in porto editoriale la prima traduzione in lingua italiana de I dolori del giovane Werther con i tipi di Giuseppe Ambrosioni.

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Un mondo di parole

La parola è un’arma potente, utilizzata non di rado nella società odierna per persuadere, per convertire e per costringere...

Die Wörter sind unsere Welt. Die Welt der Menschen. Was wir wahrnehmen ist durch Wörter vermittelt, und wir nehmen nur wahr, was sich in Wörter übersetzen lässt. Diese Welt, die unsere Welt ist, ist voller Täuschungen, vor denen wir uns kaum retten können. Der Skeptizismus lehrt uns, Abstand vor unseren Illusionen zu nehmen. Leider besteht auch der Skeptizismus nur aus Wörtern. Was kann uns also retten? Vielleicht nur ein leichtes Lächeln. Das schönste Beispiel eines solchen Lächeln bietet uns Leonardo mit der Mona Lisa.

Miranda Alberti

Gli uomini hanno un loro mondo: è quello delle parole. Anche quando s’illudono di poggiare i piedi a terra e di muoversi nella realtà, avvertono uno strano stordimento che li induce a dubitare e a domandarsi: “ma dove sono veramente io?”.
In principio era la realtà, quella delle pietre, delle piante e degli animali, poi fu la parola dell’uomo che pronunciò tutte quelle cose e che creò quel suo mondo d’aria. Quando infine tutto era concluso, nessuno sapeva più cosa era veramente nato per primo. E chi avrebbe potuto saperlo? L’uomo era nato con le parole e siccome le pietre non potevano avanzare il loro diritto di priorità, egli decise che “in principio era il verbo”, cioè lui, il vero signore del creato.

E chi avrebbe potuto contraddirlo? Comunque per sicurezza s’inventò una miriade di “dei” che dovevano testimoniare di questa precedenza: dunque in principio erano gli dei (cioè i primi uomini) parlanti. Che poi fossero uno o tanti rimase un tema aperto, in fondo irrilevante rispetto al vero senso di quest’operazione di rovesciamento. A dire il vero, in principio, l’uomo non era così arrogante e i suoi primi idoli se li scelse fra le pietre, i vegetali e gli animali, evidentemente qualche dubbio su questa presunta priorità doveva ancora averlo. Il fatto era che lui e solo lui aveva fatto di una pietra un simbolo, cioè una parola. Quando penso a questa condizione umana, me la rappresento così: vedo

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L’influsso della letteratura italiana sulle opere di William Shakespeare

Un breve excursus tra le opere del grande poeta drammaturgo inglese alla ricerca delle tracce di cultura italiana che ne hanno influenzato una grande parte della produzione letteraria

Leonardo Chen

William Shakespeare, il grande drammaturgo e poeta inglese, è nato a Stratford-upon-Avon nel 1564. Suo padre John che di professione era “whittawez” cioè guantaio, fu anche consigliere (“Alderman”) del Comune di Sratford. La famiglia Shakespeare era di origine anglosassone come si evince dall’etmologia del cognome “Seaxberht”, cioè nobile sassone. Le notizie sulla vita di William Shakespeare non sono molte: sappiamo che fu alunno della King’s New School a Stratford dove studiò latino e letteratura classica, che a 18 anni sposò Anne Hathaway e che nel 1584 lasciò Stratford per trasferirsi a Londra dove lavorò in un teatro come usciere. Nel 1594 scrisse il suo primo dramma per il gruppo teatrale presso il quale lavorava.

Verso la fine del ‘500 sotto il governo dalla regina Elisabetta I, il Regno viveva un periodo di pace e prosperità, la dottrina ufficiale era quella protestante e nei circoli letterari era molto in voga la cultura rinascimentale; in questo contesto storico Shakespeare si trovò ad essere influenzato dalla letteratura italiana specialmente dal genere delle novelle e dal Decamerone di Boccaccio, che, insieme ad altri autori italiani, gli fornirono lo spunto per molte delle sue opere:“The Merchant of Venice” proviene in parte dalla novella del 1579 “L’Ebreo” di autore sconosciuto, e in parte da The Jew of Malta di Christopher Marlowe.“The Taming of the Shrew” è un adattamento dal “I Suppositi” di Ludovico Ariosto del 1506.

“The Winter’s Tale”, commedia romantica in cinque atti, ha come spunto una novella di origine italiana.“Giulietta e Romeo”, ha come fonte primaria un poema di Arthur Brooke del 1562 con lo stesso titolo tratto da una storia italiana.

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Il piacere della lettura… dal punto di vista femminile

Frauen lesen viel, und sie lesen mehr als Männer. Aber wie lesen Männer und wie Frauen? Auf diese Frage gibt es unzählige  Antworten, so viele wie es Leser gibt: Lesen ist eine individuelle Tätigkeit. Miranda Alberti erzählt von ihren Erfahrungen und möchte gerne wissen, wie es bei anderen Frauen ist.

Miranda Alberti

Valentino Bompiani diceva che “Un uomo che legge, ne vale due”. Bene. E la donna? Quanto vale una donna che legge? Ne vale due, tre o, magari, zero?

Non dubito che Bompiani mi sorriderebbe e mi direbbe che intendeva anche me. Certo lui i libri li vendeva e penso che ben conoscesse le statistiche che mettono le donne in cima alla classifica dei lettori. Escludermi non sarebbe stato sensato per lui. Eppure penso proprio che lui intendesse l’uomo e non la donna, ossia il professore, il politico, lo storico, l’umanista, lo studente o anche soltanto lo scioperato.

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Cagliostro e Ricucci

Lettres italiennes

Cagliostro e Ricucci, le simili parabole di due parvenus Wie schon zu Cagliostros Zeiten, ist es auch im Italien der Gegenwart ohne weiteres möglich, bei „Null“ anzufangen und mit unrechtmäßigen Mitteln etwas zu erreichen.

Corrado Conforti

Recentemente Umberto Eco ha scritto un libro (o meglio ha raccolto in volume alcuni suoi articoli già pubblicati) nel quale osserva come il passato ami da qualche tempo ripresentarsi in avvenimenti analoghi ad altri che li hanno preceduti. Non starò qui a ricordare quali; dirò solo che la teoria non è nuova e mi permetterò, se non di confermarla, almeno di corroborarla con un esempio offerto dalle cronache di qualche settimana fa.
L’analogia in questione è fra due personaggi, il primo nato nel 1743, il secondo 43 or sono. Due biografie in realtà assai diverse, così come diverse sono state le rispettive cadute: tragica la prima, assai meno cruenta la seconda, anche se certamente poco piacevole per l’interessato.
Il primo personaggio si chiamava Giuseppe Balsamo ed era nato a Palermo da una famiglia di modesti commercianti. Perso presto il padre, era stato affidato ad uno zio che senza perder tempo si era liberato di lui affidandolo ad un istituto religioso dove il piccolo venne istruito. Dei primi anni della sua vita sappiamo ben poco.

Lo ritroviamo trentenne in fama di mago e guaritore e con un nome diverso da quello di battesimo: non più Giuseppe ma Alessandro; e non più Balsamo ma Cagliostro, anzi conte di Cagliostro, perché allora come adesso un titolo, nobiliare o accademico che fosse, produceva i suoi effetti.

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Alla ricerca della lingua madre...

Intervista al professor Gino Chiellino

Die Teilnehmer an einem Pilotprojekt der Universität Augsburg erhalten am Ende das Zertifikat "Italiano come lingua madre". Interventi hat den Projektleiter, Prof. Carmine Chiellino, getroffen und ihn über die „Entwicklung einer experimentellen Didaktik des Italienischen als Muttersprache im Kontext der deutsch-italienischen Zweisprachigkeit" interviewt.

Miranda Alberti

Dove pensate che viva la lingua madre italiana? A Firenze in casa di Dante? A Siena, forse, dove fluisce il più elegante degli italiani? All’Accademia della Crusca (o del semolino come dice Benigni)? Vi sbagliate. L’italiano lingua madre vive e fiorisce ad Augsburg, nel caldo ma modesto ufficio del professor Chiellino. Pochi metri quadrati, diversi libri, molti fogli sparsi un po’ ovunque. Fuori, nella bacheca accanto alla porta, trovate sintetiche e fondamentali informazioni. Chi finanzia il progetto? Il Fondo sociale europeo, il Ministero bavarese dell’università della ricerca e dell’arte e il Ministero degli esteri italiano.

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I "Poeti Siciliani"

Colti dilettanti di poesia

Alessandra Sorrentino

La lingua italiana è famosa per le antiche origini e per i poeti che la usarono, ma quando e per merito di chi il volgare italiano,  la parlata del volgo, assurge a dignità di lingua e la  poesia in volgare a dignità di arte? Questa è una domanda a cui non tutti sono in grado di rispondere. Le origini della lingua italiana risalgono al XIII secolo; in epoca tarda rispetto alla lingua volgare francese, ritroviamo le prime testimonianze in volgare italiano agli inizi del 1200 in Sicilia.

Fu infatti sotto Federico II di Svevia che nacque la cosiddetta  Scuola Siciliana, da cui il nome dei  suoi componenti i siciliani. La definizione "Scuola Siciliana” la ritroviamo per la prima volta nel "Trionfo d’amore”di Francesco Petrarca, mentre il nome "siciliani” venne attribuito a questi poeti da Dante Alighieri nel "De vulgari eloquentia” e stava ad identificare un folto numero di compositori lirici che, alla corte dello Svevo, misero le basi per la nascita di una poesia profana e laica. Federico II conobbe in Germania i Minnesänger (cantori d’amore) tedeschi  e attraverso loro venne in contatto con la poesia provenzale. Tornato definitivamente in Italia, diffuse stile e poetica della neonata poesia "francese” anche nel sud della penisola. La prima testimonianza di lingua italiana sarà quindi un miscuglio di latino e provenzale. Ciò che stupisce sono i temi trattati in questa prima rudimentale forma di poesia. Per la prima volta, nella cattolicissima Italia, si parla di amore profano, di amanti, di mariti gelosi, di morti per amore, di amori tormentati. Prima di allora la scrittura era un’arte riservata agli appartenenti alla gerarchia ecclesiastica.

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Convenevole da Prato

Il maestro di Francesco Petrarca

Leonardo Chen

Quest’anno si tengono in tutto il mondo mostre e manifestazioni per festeggiare il settecentesimo anniversario della nascita di Francesco Petrarca. Nessuno parla, però, di un personaggio che ebbe molta influenzasulla vita e l’opera del poeta, Convenevole da Prato. Da 5 anni lavoro come consulente ortopedico a Prato e mi sono accorto che i pratesi sono molto orgogliosi che la loro città abbia dato i natali a Convenevole che nacque probabilmente tra il 1270 e 1275 da una famiglia ghibellina in una città allora dominata dal partito dei guelfi.

Visse nella zona di Porta a Corte e divenne professore di retorica pur provenendo da una famiglia di notai. Nel 1306 era a Pisa e insegnava a Francesco Petrarca le primas letteras cioè la grammatica, la retorica e la dialettica. A quell’epoca la famiglia di Petrarca si trovava a Pisa perché suo padre, Pietro di Ser Parenzo notaio in Firenze, era caduto in disgrazia e condannato all’esilio. Dal 1312 in poi si perdono le tracce di Convenevole, però è documentato che nel 1317 si trovava ad Avignone con Petrarca, probabilmente sotto la protezione del cardinale Niccolò da Prato, e che si manteneva con l’attività notarile.

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