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Categoria: lettres italiennes
Pubblicato Venerdì, 27 Gennaio 2017 17:40

Ombra mai fu

Lettres italiennes

Corrado Conforti

Monaco, 25 gennaio 2017.
Da quando l'uomo ha avvertito la presenza in sé dell'animale che è stato per decine e decine di migliaia di anni, ha avuto una sola esigenza: rappresentarlo. Sono nati così i demoni che affollano il pantheon di ogni religione, tanti per quelle politeiste, uno sostanzialmente per quelle monoteiste: Satana, nome che nell'antico ebraico ha il significato di “avversario”.

Nel corso del romanticismo, ossia di quel fenomeno culturale che rivalutò i sentimenti (per tanto tempo temuti e osteggiati a causa della loro portata eversiva) fiorì nell'Europa del nord una produzione letteraria in cui quell'essere “altro” si manifestava, assumendo a volte forme orribili, come ad esempio quelle dell'uomo patchwork del Frankenstein di Mary Shelley, altre volte quelle di un “doppio” del protagonista, ossia di un fratello (vedi Il signore di Ballantrae di Robert Louis Stevenson), di un sosia (vedi William Wilson di Edgar Allan Poe), oppure di una parte della stessa persona (vedi il celeberrimo Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde del già citato Stevenson). Nel 1814 lo scrittore tedesco di origini francesi Adelbert von Chamisso pubblicò un breve romanzo di grande successo Storia straordinaria di Peter Schlemihl il cui protagonista, Peter Schlemihl appunto, vende a un misterioso personaggio (che si rivela essere poi il diavolo) la sua ombra, simbolicamente cioè la parte oscura di sé, quasi un residuo della notte che sopravvive nella luce del giorno. Del fortunato romanzo di Chamisso si ricordò forse Hans Christian Andersen nel 1847 scrivendo L’ombra, una favola in cui l'ombra di un filosofo di non troppa fortuna si separa dal suo padrone, invertendo poi con esso i ruoli e condannandolo alla fine a morte in modo da liberarsi di uno scomodo testimone della sua ascesa sociale. Ancora di Chamisso deve essersi ricordato anche James Matthew Barrie che in Peter e Wendy fa perdere al suo Peter Pan l’ombra, quella che poi Wendy (chi non ha letto il romanzo ricorda forse il bellissimo cartone animato di Walt Disney) gli riattacca ai piedi con ago e filo.

Il romanticismo italiano che ha le sue due vette in Manzoni e in Leopardi (ma anche due vette realistiche e dialettali nell’opera del Porta e in quella del Belli) è estraneo a certo demonismo nordeuropeo; lo stesso satanismo anticlericale carducciano (tardoromantico peraltro) non è accostabile ai risultati di alcuni autori ottocenteschi francesi, britannici e tedeschi. Manca insomma alla nostra letteratura del periodo, forse anche per la coincidenza con i moti risorgimentali, quella  dimensione fantastica fatta di elfi, folletti e demoni che ha probabilmente in E.T.A. Hoffmann il suo autore più significativo.

E poi, diciamocelo, nella cultura italiana latita quella vena immaginifica presente in altri paesi, anche perché in Italia, da sempre, la realtà supera la fantasia; e l’irrazionale, che pure è parte della quotidianità, da noi finisce col coincidere sempre col comico e ancora più spesso col ridicolo. Pensate, solo per avere un'idea e facendo un salto in avanti di quasi un secolo, al fascismo. Alla minaccia di una rivoluzione socialista, le classi proprietarie e il ceto medio impoverito reagirono consegnando il potere a un movimento violento, il che è cosa tutt’altro che sorprendente. Sorprendente fu invece l'estetica di quel movimento: le adunate, le divise, gli slogan roboanti e ancora quel capo unico con le sue smorfie da avanspettacolo, la sua retorica da imbonitore e quelle sue tenute da generale da operetta. Perché, ahimè, è proprio questo uno degli elementi costitutivi della italianità: il buffonesco, una sorta di zoccolo duro della nostra identità contro il quale va sempre a scontrarsi ogni trivella introspettiva.

L’ultimo impatto, che ci permette di ritornare a Chamisso, Andersen e Barrie, risale a qualche giorno fa e ci porta in Veneto a Conegliano, dove il signor Doimo, titolare di un negozio di alimentari, ha scoperto di dover pagare una tassa sull’ombra che la tenda del suo esercizio proietta sul marciapiedi: 8,40 euro al metro quadrato per la precisione. In un paese in cui una tassazione a livelli ormai scandinavi fornisce ai contribuenti servizi che di quelli scandinavi non sono neanche l’ombra (battuta facile questa ma inevitabile) occorrerebbe seguire l’esempio di quell’Yves Hélory de Kermartin santificato nel 1247, il quale, al mendicante che aveva accostato un pezzo di pane al fumo di un arrosto e che per questo era stato citato in giudizio da un oste, impose, da quel gran giudice che era, di pagare l'avido taverniere con il solo tintinnio delle monete. Ecco, il commerciante di Conegliano dovrebbe presentarsi al locale ufficio delle imposte con una candela e una serie di banconote e pagare la tassa sull’ombra con l’ombra dei suoi denari. Il riscossore potrebbe poi consolarsi del mancato introito sorseggiando un bicchiere dell'ottimo prosecco locale, consumazione questa che da quelle parti ha peraltro un curioso nome che qui cade proprio a fagiolo. Quale nome? Ma ombra è ovvio!

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