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Il sindaco e le puttane

Lettres Italiennes

Corrado Conforti

Roma, 30 agosto 2011
Esattamente novant'anni fa squadre di giovanotti prepotenti e parecchio ottusi scorrazzavano per l'Italia assalendo e distruggendo sedi sindacali e di partiti di sinis
tra. Vestivano la camicia nera e scandivano uno slogan altrettanto ottuso: “Me ne frego!”. Che, a rigore, nel suo cieco individualismo, non potrebbe essere slogan politico, ma che pure in quegli anni di confusione successivi alla prima guerra mondiale poté diventarlo. E per quella stessa confusione quello che era un movimento formato da violenti, da devianti e da asociali si trasformò, una volta fattosi filo-capitalista, conservatore e clericale, in un partito che tenne in mano il Paese per un ventennio pieno.

Tornando alle bravate cui sopra si è accennato, va detto en passant che queste, solo raramente contrastate dalle forze dell'ordine (e quando lo furono i nostri spavaldi se la diedero sempre a gambe), si concludevano spesso con una visita ai bordelli della città assalita.

In poche parole: dopo aver devastato qualche sezione del partito socialista, spaccando all'occasione anche qualche testa, i teppisti in camicia nera se ne andavano, come si dice, “a puttane”, concludendo la loro impresa in quello che, secondo la loro visione dell'esistenza, era il modo più consono.

La tradizione proseguì anche quando, dopo il 1925, il fascismo assunse tutto il potere. Incarcerati o spediti al confino gli oppositori che non erano riusciti a fuggire all'estero, gli ex picchiatori si sforzarono di eternare le loro imprese squadristiche in quelle goffe celebrazioni che erano le adunate del sabato fascista. Indossata la camicia nera, lucidati gli stivali, calzato il fez, i poveretti si sforzarono di rievocare le gloriose giornate dei pestaggi in un patetico carnevale settimanale, la cui conclusione era la stessa degli anni delle aggressioni: il bordello.

Avvenne poi che il 25 luglio del 1943, quando gli slogan e la retorica non poterono più nascondere  i disastri militari, se ne andò a puttane l'intero fascismo; non nel senso che tutti gli iscritti al partito si riversarono nei pur numerosi lupanari della Penisola, ma nell'altro significato che si dà all'appena citata locuzione. “Andare a puttane” significa infatti anche “finire male” “fallire”. E il fascismo finì, non sconfitto da un poderoso nemico esterno, ma per propria implosione. La malinconica appendice che si svolse poi per meno di due anni a Salò fu una tragica replica, resa possibile solo dalla presenza nell'Italia settentrionale della Wehrmacht e delle SS.

È singolare che un movimento disastroso che aveva coperto l'Italia di infamia e di ridicolo, potesse trovare dopo il 1945 ancora dei sostenitori. Se era in qualche modo comprensibile che chi, avendo vissuto la propria gioventù durante il Ventennio, sentisse il richiamo nostalgico dei suoi anni migliori, lo era molto meno il fatto che altri individui, nati dopo la guerra e risparmiati dunque da  quell'esperienza, da essa si sentissero tuttavia attratti. Ma se, come si dice, Sant'Antonio si innamorò di un porco, è pienamente possibile che persone prive di ogni santità si siano innamorate di una dottrina tristissima e fallimentare che ha regalato all'Europa decine di milioni di morti.

Fra i nostalgici di un'esperienza mai fatta, ma decisi, almeno fino a qualche anno fa, a ripristinarla secondo gli antichi metodi di cui si è detto, figura l'attuale sindaco di Roma Gianni Alemanno.

Che uno con quel nome sia diventato sindaco di una città saccheggiata nel 410 dai Goti, nel 455 dai Vandali e nel 1527 dai Lanzichenecchi, può suonare come un simpatico scherzo della storia. Meno simpatica appare invece la sua amministrazione della Città Eterna. Del resto il buongiorno si vede dal mattino, e nel mattino di Alemanno si può menzionare, fra le altre cose, l'intenzione, ovviamente mai attuata, di demolire la nuova teca dell'Ara Pacis di Augusto. Evidentemente il personaggio crede di condividere con il Duce, oltre al prognatismo e lo sguardo allucinato, la smania spianatrice. Per ragioni di spazio sorvoliamo su altre chicche, come la partecipazione qualche anno fa alla messa in onore degli zuavi francesi caduti il 20 settembre 1870 mentre a Porta Pia sparavano sui nostri bersaglieri, o, fatto molto più grave, l'assunzione presso aziende municipalizzate di alcune centinaia di parenti e di ex camerati. Quello che ci piace segnalare è invece un fatto recente e cioè la corsa in motocicletta, con troupe televisiva al seguito, lungo le vie consolari della Capitale per scoprire quello che tutti sanno, vale a dire che di notte quelle strade sono piene di prostitute. Le quali però non ci sarebbero, se lì non le cercassero i loro clienti, fra i quali figura sicuramente anche una buona percentuale di elettori di Alemanno.

Concludendo si può dire che, al pari di quei giovanotti di novant'anni fa, anche il sindaco è, in qualche modo, andato a puttane. Nell'attesa e nella speranza che alle prossime elezioni ci vada di nuovo, stavolta con l'aiuto degli elettori.

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