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Categoria: lettres italiennes
Pubblicato Sabato, 01 Giugno 2013 16:57

Scemo e più scemo

Chissà qual è stata la prima coppia comica della storia? Chissà quale cultura l'ha partorita? Chissà da chi era formata?

Corrado Conforti

Monaco, 31 maggio 2013

A dar retta a Wikipedia, pare che la nascita del duo comico risalga alla fine del XIX secolo, agli anni cioè dei primi music hall inglesi, quando, per permettere che nella confusione regnante in platea le gags del capocomico fossero comprese, si inventò il ruolo dello stolto, di colui cioè che, accompagnandosi al personaggio per così dire “positivo”, ne ripete le battute, caricandole di un surplus ridicolo.

La spiegazione ha forse un valore storico, ma non - e chiedo scusa per il termine accademico – ontologico. Infatti in una delle più belle opere della letteratura occidentale, “Don Chisciotte della Mancia”, troviamo già una figura “positiva” e un'altra “negativa”; anzi, ne troviamo due di entrambi i tipi, visto che Sancho assume spesso ambedue i ruoli e che l'hidalgo mancego, prima di morire, rinsavisce, abbandonando la parte ridicola che ha interpretato nel corso di tutta la narrazione. E tuttavia l'invenzione non può essere attribuita al grande Miguel de Cervantes, giacché il ruolo che i protagonisti del suo romanzo si scambiano è quello tradizionale del fool, ossia del buffone, di colui cioè che, avendo in appalto per volontà del principe, il monopolio del ridicolo, può permettersi quello che a nessun altro è concesso: la critica perfida del potere, la sua messa alla berlina, la rivelazione del vuoto umano che l'ha partorito. Un fool era lo Yorick rimpianto da Amleto e ancora il Fool (nella tragedia non ha altro nome) di Re Lear. Un fool più vicino a noi è Rigoletto, versione italiana del Triboulet del Le roi s'amuse di Victor Hugo.

La riscoperta della tradizione classica, avvenuta durante l'Umanesimo, aveva portato alla lettura di vari autori teatrali, fra cui Plauto. Ritroviamo così i servi sciocchi e astuti della farsa plautina negli Zanni della Commedia dell'Arte, alla cui falsa innocenza è spesso delegato il ruolo di sottolineare i comportamenti ridicoli dei loro padroni: l'erotomania di Pantalone, la prosopopea del Dottore, la vanagloria del Capitano, i vaneggiamenti amorosi degli Innamorati. Ai vaniloqui dei vari Brighella e Arlecchino è concesso quello che non era consentito alla penna degli istruiti: la denuncia delle ingiustizie e degli abusi dei potenti. L'idiota, insomma, aveva licenza di dire la verità, perché nella sua bocca questa si confondeva con gli altri deliri, perdendo così la sua sforza scardinatrice.

Per questo i capocomici dell'Arte si attribuivano quasi sempre il ruolo dei servi. Ai più capaci, ai più intelligenti era assegnato il compito più difficile: quello di far ridere. Ma al capocomico, per pronunciare i suoi strafalcioni, occorreva l'imbeccata, e a un certo punto questa sarà fornita da un attore in particolare, quello che gli inglesi chiameranno sidekick e gli italiani “spalla”.

Una buona spalla, soprattutto in anni in cui ci si esibiva solo in teatro e non negli studi televisivi dove si applaude a comando, doveva, non soltanto seguire il percorso comico concordato con l'attore principale, ma, al pari di quest'ultimo, percepire gli umori del pubblico, costruendo col suo partner il percorso che conduceva alla battuta finale, quella destinata a provocare la risata degli spettatori. Doveva insomma prodursi in un gioco di tempi senza il quale l'obiettivo comico rischiava di essere mancato. Per tutto ciò occorreva non solo esperienza, ma un'intelligenza umoristica rara. Perché questo deve essere chiaro: chi sa far ridere non è uno sciocco; deve fingersi sciocco, ma tale finzione richiede una grande sapienza comica, un senso del ridicolo che pochi posseggono.

Vedetevi allora (o rivedetevi) certi duetti di Totò e Mario Castellani, o di Totò e Peppino o ancora di Totò e Nino Taranto (anche se è riduttivo ridurre gli ultimi due grandi attori a spalle). Ascoltatevi le poche, purtroppo, registrazioni dei fratelli de Rege o anche i filmati della reinvenzione di quest'ultimo duo da parte di Walter Chiari e Carlo Campanini. Capirete quanta sapienza, quanta sensibilità, quanta intelligenza occorre per saper far ridere.

Le ultime elezioni politiche hanno portato fra gli altri in Parlamento una coppia mista che avrebbe delle buone chance per formare un duo comico. Lui, grassoccio e flemmatico, potrebbe interpretare perfettamente la parte dello sciocco che con la sua stoltezza fa perdere la pazienza; lei, arcigna e stizzosa come un'insegnante supplente, andrebbe benissimo per il ruolo della vittima dello stolto. Crimi e Lombardi si chiamano i due, e li si è sentiti spesso prodursi in battute che forse, dette da qualcun altro, avrebbero anche strappato un sorriso. Ma, ahimè, anche per loro vale quello che si è detto sopra: un bravo comico è un uomo intelligente che si finge stolto; uno stolto che si pretende intelligente, invece, non è mai divertente. Tutt'al più è ridicolo. Due cose diverse. La prima fa inarcare gioiosamente le labbra, la seconda riesce solo a far scuotere mestamente la testa.

 

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