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Categoria: Musica
Pubblicato Venerdì, 03 Dicembre 2010 17:08

La mia patria sono i miei ricordi

A colloquio con Pippo Pollina

Der beliebte Sänger aus Sizilien wurde in diesem Jahr zum Münchner Festival als Jurymitglied eingeladen. Mit bewegenden Melodien und anspruchvollen Texten begeistert er seeine Anhäger, welche hauptsächlich aus dem deutschsprachigen Raum stammen. Bei den Italienern in Bayern ist Pippo pollina aber noch ziemlich unbekannt. Er erzählt uns über sein Leben zwischen der Schweitz und Italien - ein Leben zwischen zwei Kulturen.

Daniela Ghidini

Un grande artista del panorama musicale europeo: Pippo Pollina. Più di venti anni di carriera, una musica emozionante, testi poetici con temi impegnati, è conosciuto soprattutto in paesi di madrelingua tedesca. Da una decina d’anni tiene regolarmente concerti in Italia dove i suoi album si trovano senza difficoltà, restando però, ancora inspiegabilmente sconosciuto alla maggioranza degli italiani che vivono in Baviera. Lo abbiamo incontrato a Monaco, dove è stato invitato a far parte della giuria del “Festival della Canzone italiana d’autore di Monaco”.

INTERVenti (IV): Certo,mi sembra veramente strano, ma so che molti italiani residenti in Germania non ti conoscono ancora. Cosa puoi raccontarci di te? Da quando e perché hai deciso di vivere all´estero?

Pippo Pollina (PP): Sono venuto dalla Sicilia per caso, senza famiglia, e poi, una volta arrivato, ho deciso di rimanere. Abito in Svizzera, a Zurigo, da 22 anni. Da allora ho cominciato a suonare anche in Germania  sempre più spesso e sempre più volentieri. Adesso ho la fortuna di poter contare anche qui su un pubblico molto generoso e fedele, che mi segue da tanti anni. Per lo più sono tedeschi, o meglio… il 95 per cento degli spettatori che mi seguono sono di madrelingua tedesca.

(IV): Hai deciso di rimanere all’estero perché ritenevi di avere più possibilità per realizzarti? È stata una decisione presa più con la testa o con il cuore?
(PP): Direi sia con la testa che con il cuore… Non volevo più rimanere in Italia perché non mi ci trovavo più… l’Italia mi stava – come dire – un po’ “stretta”. A metà degli anni Ottanta ho pensato quindi di prendermi una pausa cominciando a viaggiare e da allora non sono più tornato indietro.

(IV): Dunque all’inizio non pensavi di lasciare definitivamente l’Italia!

(PP): No, non avevo l’intenzione di rimanere definitivamente all’estero; questa decisione è stata il risultato di un’esperienza che si è rivelata più importante e significativa di quanto non avessi previsto. Comunque continuo ad andare spesso in Italia, visto che faccio concerti anche a sud delle Alpi. Oltre alle questioni legate alla famiglia ed agli amici, si è aggiunto anche l’aspetto legato al mio lavoro e alla musica. Ogni mese sono in Italia per un motivo o per un altro, quindi in fondo, si può dire che il mio sia uno “stare” e “non stare” lontano dal mio Paese, in realtà si tratta di un continuo alternarsi di soggiorni al di qua e al di là delle Alpi…

(IV): Quando tu parli di “casa”, cosa intendi? Dove ti senti “a casa”? Forse, nel posto in cui ti trovi in quel momento?

(PP): Sì, la mia “casa” è proprio lì dove sono io in quel momento; sono come le lumache che la casa ce l’hanno sempre appresso… Dico sempre ”la mia patria sono i miei ricordi”: ormai non siamo più quello che eravamo nel passato, abbiamo acquisito una nuova identità e abbiamo fatto nuove esperienze. L’essersi arricchiti di elementi nuovi ha comportato nello stesso tempo la perdita di identificazione con un luogo geografico specifico, il distacco parziale da quella cultura alla quale non riusciamo più ad essere partecipi in modo totale e completo così come lo eravamo nel passato. Questa evoluzione rimane per me comunque un fatto positivo, un arricchimento. Perdere qualcosa da una parte per guadagnare qualcos’altro dall’altra, significa, in fondo, arricchirsi…

(IV): Quando torni dunque ti senti bene, non come un estraneo…

(PP): Dipende… da un punto di vista politico direi di no, assolutamente! Anzi sotto questo aspetto io rivolterei l’Italia come un calzino…

(IV): Sicuramente non sei l’unico…

(PP): Non sono l’unico, però il problema è che chi lo dovrebbe fare, non lo fa; sta di fatto che mi sembra, purtroppo, che faccia poca differenza che al governo ci sia uno schieramento politico od un altro….

(IV): Quali differenze noti tra il pubblico italiano ed il pubblico tedesco? Una volta hai detto -durante un concerto qui a Monaco - che ti sembra strano, quando canti in Italia, che la gente ti capisca…Oltre questo aspetto,come li vivi tu gli italiani? Il loro entusiasmo, il loro calore… come sei accolto?

(PP): Fantastici! C’è un pubblico fantastico anche in Italia. Sono riuscito a ricavarmi una nicchia di pubblico molto caloroso e generoso; un pubblico, in un certo senso, diverso da quello tedesco, direi più impegnato. Qui in Germania, la maggioranza della gente non riesce a capire perfettamente il senso letterale dei testi delle canzoni, inoltre bisogna considerare che qui “l’italianità” è un concetto molto ampio nel quale rientra quasi di tutto…, pertanto ai miei concerti si può incontrare l’appassionato delle spiagge di Rimini e delle notti italiane della Dolce Vita, così come anche chi magari rimpiange gli Anni Settanta italiani. Insomma, io e la mia musica rientriamo in quel gran calderone in cui “pizza” e “spaghetti” fanno rima con altre cose meno, diciamo, superficiali. In Italia tutti questi aspetti vengono meno; il pubblico è veramente impegnato, ascolta molto i testi, è un pubblico che ascolta la canzone d’autore così come era concepita a metà degli Anni Settanta-Ottanta. È un pubblico molto attento e consapevole, diverso insomma…

(IV): Però non hai preferenze, dunque… sono diversi…

(PP): …ma per me ugualmente importanti, infatti qui posso apprezzare cose che in Italia non trovo, così come anche il contrario!

(IV): Quando e perché è nato in te il desiderio di essere conosciuto anche in Italia?

(PP): Ad un certo punto, alla fine degli anni Novanta, è diventato fondamentale per me riuscire a farmi conoscere anche dal pubblico e dalla stampa nazionale italiana. Di fatto volevo verificare certi aspetti del mio lavoro, cercando di capire se il mio potesse essere solo un prodotto di esportazione (in particolare per l’area di madrelingua tedesca, di cui conoscevo bene la cultura) oppure potesse avere una valenza anche per il pubblico italiano. Il recupero di questa parte di me è stato fondamentale per il mio ulteriore sviluppo artistico, altrimenti avrei corso il rischio di “ghettizzarmi”. Vedevo questa nuova sfida come una ricerca di conferme per ciò che stavo già facendo qui all’estero e per fortuna è andata…

(IV): …come vediamo… cioè benissimo!
Sono dell’opinione che il tuo stile sia unico. Spesso, quando parlo entusiasta della tua musica, mi si chiede: “ma a chi assomiglia?” Io allora non so cosa rispondere, sinceramente penso che non assomigli a nessuno… Tu però hai invece dei riferimenti, degli artisti che ti ispirano, che sono per te importanti?

(PP): Guarda… la nostra è una specie in via di estinzione perché di cantautori in Italia ce ne sono sempre meno. Il cantautore è una figura legata a un certo periodo storico e quindi probabilmente chi oggi scrive canzoni si orienta verso altre forme, diverse dalla canzone d’autore. “A chi assomiglio?” …dicono un po’ a Dalla, un po’ a Fossati, un po’ a De Gregori, ai classici insomma, ma io veramente non mi riconosco in questi paragoni… Una volta invece, il giornale Rockstar, scrisse una cosa nella quale mi sono ritrovato, e cioè: “È un curioso misto fra i R.E.M. e Luigi Tenco”. Beh, ecco, se proprio deve essere, questo confronto mi sta bene…

(IV): Hai inciso canzoni con vari artisti: Franco Battiato, Konstantin Wecker, George Moustaki, Linard Bardill, Inti Illimani, Nada…sono progetti che nascono da amicizie preesistenti?

(PP): Sì. L’idea di lavorare insieme è nata sempre dopo una consolidata conoscenza. Tranne Nada, che invece ho contattato perché mi sembrava che, con la sua voce, si prestasse bene ad essere coinvolta in questo pezzo (“I fiori del male”)

(IV): I tuoi progetti per il futuro?

(PP): Domani (18 giugno, n.d.r.) sarò a Bologna per una conferenza stampa sull’”Ultimo Volo”, un’opera la cui prima assoluta si terrà il 27 giugno al teatro Manzoni di Bologna, lo stesso giorno in cui verrà inaugurato, sempre a Bologna, il cosiddetto “Museo della memoria”, dedicato all’incredibile vicenda della tragedia di Ustica. È un lavoro che mi è stato commissionato dall’Associazione dei Parenti delle Vittime di Ustica, insieme all’Associazione Teatrale di Accademia Perduta, i Teatri Emilia Romagna e al Comune di Bologna. Mi avevano contattato già più di un anno e mezzo fa, ritenendo che io potessi essere l’autore… “giusto” per scrivere su questo genere di argomento.

(IV): È un’opera tutta tua?

(PP): Sì, tutta mia. Veramente sono anche un po’ nervoso perché non è facile conciliare il lavoro di tanti artisti diversi… ci sarà Manlio Sgalambro - il filosofo che scrive i testi per Battiato -, ci saranno attori famosi, come “Vito” (Stefano Bicocchi detto Vito) e l’orchestra sinfonica Arturo Toscanini di Parma, così come anche il mio gruppo… Si tratta di un’opera complessa in cui ho avuto l’esigenza di assimilare diversi piani narrativi. Ora abbiamo ancora una settimana di tempo per provare e cercheremo di dare il massimo…

(IV): Allora, in bocca al lupo!

(PP): E creperà ‘sto lupo... Speriamo!

Dopo il Festival abbiamo rivisto Pippo Pollina per salutarlo e raccogliere ancora un commento al volo: “Una vittoria meritata”, ha definito quella di Giancarlo Spadaccini.

 

2007-3 pg 7

 

 


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