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Categoria: Varie
Pubblicato Giovedì, 11 Dicembre 2014 09:42

 

Donne d’Europa.
Problematiche sociali e psicologiche della nuova emigrazione. Realtà sociale e processo di emancipazione

(Comunicato stampa: Contributo di Norma Mattarei – psicologa presso la Caritas di Monaco - in occasione dell'incontro annuale RETEDONNE "DONNE D'EUROPA", svoltosi a Monaco il 29 novembre 2014)

L’idea di vedere la donna nella dimensione europea è senz’altro positiva. L’Europa consente mobilità, apertura, scambi, nuovi sviluppi e nuove vedute, quindi nuove opportunità. I vantaggi dell’appartenenza all’Unione Europea sono ancora più evidenti se ci si confronta con i cittadini extracomunitari, che non godono della libertà di circolazione, che hanno bisogno del permesso di lavoro e sono sottoposti a tutta una serie di restrizioni. Allo stesso tempo l’Europa è anche la causa di problemi, di crisi e ogni Paese crea barriere che escludono le categorie di persone non gradite. Barriere giuridiche, culturali, sociali. Per cui, quando si discute della dimensione europea ritengo necessario che si veda il fenomeno in tutta la sua complessità.

Passando ad analizzare le cause dell’emigrazione femminile, possiamo constatare come la crisi economica e finanziaria abbiano acutizzato problemi già esistenti da tempo.

L’alto tasso di disoccupazione, il fenomeno della nuova povertà sono fra i motivi principali che spingono sempre più persone, fra cui le donne, a lasciare le proprie zone di origine per altre regioni e altri Paesi.

Se la disoccupazione in Italia in generale arriva a circa il 12,6%, quella femminile sfiora il 14%. Il tasso di occupazione maschile è del 64,8%, mentre quello femminile arriva al 46,3% (quasi il 20% di meno!) ed è uno dei più bassi d’Europa. Tutt’oggi le donne sono segregate in occupazioni di basso livello e scarsa retribuzione, che consentono minore capacità di guadagno e carriera rispetto agli uomini. Anche donne che svolgono gli stessi lavori degli uomini, sono sottopagate rispetto a quest’ultimi. Tuttora vige un modello tradizionale di famiglia in cui è data per scontata la dipendenza economica della donna dal marito e la responsabilità femminile in tutti i lavori di cura.

Le trasformazioni socio-economiche degli ultimi anni hanno fatto emergere una serie di rischi sociali, prevalentemente sconosciuti in precedenza. Come è stato rilevato nel corso della ricerca svolta dalla Commissione di indagine sull’esclusione sociale, “sono state proprio le donne ad essere maggiormente investite dalla forte precarizzazione, instabilità ed eterogeneità delle biografie lavorative e familiari. Se in passato la povertà femminile era rimasta per lo più nascosta all’interno di regimi familiari tendenzialmente stabili, che al contempo sancivano la dipendenza delle donne, ora essa è pi’ esplicita”. Le donne che di conseguenza fanno la scelta di emigrare, da sole o con il partner, lo fanno con l’aspettativa di trovare altrove migliori prospettive. Arrivate in Germania, si rendono presto conto che, soprattutto se hanno famiglia, un solo reddito da lavoro non è sufficiente a far fronte agli alti costi della vita. Anche perché i loro compagni o mariti trovano in prevalenza lavoro nei servizi meno qualificati, con stipendi relativamente bassi. Le donne lavorano spesso a part-time, nei famosi “mini-job”, di frequente nella gastronomia, negli alberghi, in lavanderie o in imprese di pulizie. Non di rado lavorano tutto il giorno senza essere assicurate, ricevendo un piccolo compenso extra.

Questa forma di collaborazione diffusissima, è di grande convenienza per il datore di lavoro e di grande svantaggio per la lavoratrice, che non gode di nessuna garanzia e sicurezza. Per motivi di malattia, perché sono in stato di gravidanza o per i più svariati motivi vengono di conseguenza anche facilmente licenziate, e si ritrovano daccapo. In pratica succede che molte donne si ritrovano con sorpresa proprio in quelle situazioni lavorative marginali e di sfruttamento che si erano volute lasciare alle spalle. Le donne con famiglia si devono inoltre accollare tutta una serie di carichi e di responsbilità, che in un Paese straniero, sono ancora più pesanti. Negli uffici pubblici si parla normalmente il tedesco; per dei motivi interni non facilmente comprensibili, il personale è tenuto a non parlare l’inglese o altre lingue, e in caso di mancata comprensione ad invitare l’utente a tornare con un traduttore. La donna si deve occupare degli adempimenti burocratici, della scuola dei figli, delle loro attività extra-scolastiche, dei contatti sociali.

Da parte degli insegnanti si deve non di rado sentir dire, di non occuparsi a sufficienza dei propri figli e di non contribuire abbastanza al loro successo scolastico. Nell’emigrazione inoltre la donna diventa ancor più il fulcro affettivo della famiglia, venendo a mancare tutta una serie di reti sociali e parentali esistenti in Italia. Le donne devono compensare emotivamente, tutte le frustrazioni e scontentezze che derivano dalla vita all’estero, da situazioni di disagio sociale e da emarginazione.

Se consideriamo che gli indicatori sul benessere oltre al reddito comprendono qualità della vita, dell’abitazione, possesso di beni durevoli, stato di salute, vita sociale, attività di leasure, possiamo constatare che per molte donne, tutto questo è molto lontano.

Un altro fenomeno attuale riguarda l’emigrazione di sempre più donne sole o di madri sole con figli. Quest’ultima categoria è in Italia, come del resto in Germania, colpita maggiormente dalla povertà. Queste donne si trovano poi da sole ad affrontare con ancora più fatica tutti i problemi legati all’emigrazione. Oltre al fatto che in alcune coppie in seguito al subentrare di nuovi problemi, della mancata realizzazione degli obiettivi iniziali e altre delusioni, le relazione si incrinano e si arriva talvolta alla separazione. Talvolta sono le donne a scoprire nuovi spazi e opportunità e quindi a fare nuove scelte. In altri casi sono gli uomini, che magari dopo aver favorito la dipendenza delle loro compagne, scoraggiando la loro apertura, le lasciano all’improvviso senza alcun tipo di risorsa, né economica né sociale.

Un’altra categoria di persone in crescita, è composta dalle giovani neolaureate in cerca di lavoro e autorealizzazione. Inizialmente esse trovano lavoro in un settore estraneo alle loro qualifiche, in attesa di perfezionare le loro conoscenze linguistiche e di fare riconoscere i loro titoli. Anche qui, nonostante la nuova legge sui riconoscimenti, gli ostacoli non mancano. A seconda dei titoli, i costi per traduzione e riconoscimento possono arrivare tranquillamente a 800 Euro. Poi non sempre i titoli vengono riconosciuti, è necessario un esame o un corso di specializzazione. Intanto il tempo passa, e soprattutto per certe professioni questi ritardi e interruzioni rendono ancora più difficile la ricerca di un lavoro adeguato.

Altre donne vengono in Germania con il marito, che trova qui una buona posizione, mentre loro spesso devono rinunciare al loro lavoro e alla carriera in cambio di una vita professionale insoddisfacente e deludente.

Per tutte si aggiunge inoltre, soprattutto a Monaco, la difficoltà a trovare casa. Giovani famiglie con molte aspettative si ritrovano a vivere in monolocali per 1.200 €, solo per fare un esempio. La mancanza di spazi sufficienti per sé e per gli altri membri della famiglia accentua lo stress e rende ancora più pesante il doppio carico femminile. Non va infine dimenticato che in molte città non si trovano posti negli asili e nei doposcuola, carenze che vanno nuovamente a danno delle madri.

Di fronte a tutte queste situazioni è molto importante che le donne emigrate abbiano la possibilità di ottenere un sostegno e supporto adeguato. Il servizio sociale e psicologico della Caritas, i patronati, le associazioni politiche e culturali, il Consolato, l’Istituto di Cultura Italiano, offrono assistenza sociale, supporto psicologico, corsi di tedesco e la possibilità di entrare in circuiti culturali e formativi. Inoltre volontari, sia italiani che tedeschi, aiutano ulteriormente donne che vivono in Germania, offrono supporti individuali e altre valide iniziative.

”Rete donne” offre infine un’interessante opportunità di creare contatti, scambi e solidarietà fra donne italiane nuove arrivate e altre che vivono qui da tanto. In quest’ambito le donne sono loro stesse protagoniste, partono dai loro bisogni ed esprimono le loro esigenze.

Unendo saperi e esperienze, riflettendo su condizioni di vita problematiche e contraddittorie, cercando insieme soluzioni e alternative, le donne possono affrontare insieme, con più forza questa realtà di vita e trasformarla così da una situazione difficile e onerosa in un graduale processo di emancipazione.

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