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Intervista al Console Generale di Monaco Renato Cianfarani

Pasquale Episcopo

Monaco, 13 dicembre 2015.
Il 23 novembre scorso abbiamo avuto un incontro con il Dott. Renato Cianfarani, nuovo Console Generale a Monaco. Qui ne riportiamo le parti salienti.




INTERVenti (IV): Signor Console, innanzitutto La ringraziamo per averci concesso l’intervista il cui scopo è anche quello di presentarLa alla comunità italiana. Ci parli di Lei, della regione di provenienza, se vuole della Sua famiglia, dei Suoi studi, della Sua carriera diplomatica fino all’attuale incarico a Monaco.



Renato Cianfarani (RC): La mia città di provenienza è Roma. Avendo intrapreso la carriera diplomatica nel lontano 1987, ho già vissuto in tanti Paesi. Sono sposato da due anni con una connazionale della minoranza italiana in Croazia. La minoranza italiana in Croazia e in Slovenia è diversa da quella presente in Germania perché autoctona, ovvero storica. Mia moglie è molto orgogliosa di essere italiana. Ho studiato Scienze Politiche all'Università La Sapienza di Roma, indirizzo internazionale. A 27 anni ho superato il concorso diplomatico ed ho iniziato la carriera diplomatico-consolare che mi ha portato in posti molto diversi: Cipro, Madagascar, Germania. Sono stato console a Norimberga dal novembre 1992 al novembre 1995. Un’esperienza interessante che mi ha permesso di conoscere una parte importante della Baviera e tanti connazionali, ai quali sono stato molto vicino. Allora la vita di comunità era più intensa e c’erano molte più associazioni di quante ce ne siano oggi.
Dopo Norimberga sono stato a Roma, perché la carriera prevede il rientro dopo otto anni all’estero. Poi in Etiopia. Dopo l’Etiopia ho lavorato a Strasburgo, al Consiglio d’Europa. Sono stato poi console generale a Fiume, con competenza su Istria e Dalmazia (Croazia occidentale, ndr) dove le comunità autoctone italiane sono presenti perfino da prima della dominazione veneziana. Gli individui appartenenti a queste comunità sono orgogliosi di sentirsi italiani e spesso hanno la doppia cittadinanza. Anche in Croazia ci sono molte famiglie miste i cui componenti parlano entrambe le lingue.
Dopo la Croazia sono tornato volentieri in Germania perché quella tedesca è una comunità grandissima, variegata, molto diversificata dal punto di vista sociale e lavorativo, che si è fatta strada e che ben rappresenta l’Italia. Non dimentichiamo che la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro. Ed è un Paese ricco di eccellenze in tanti campi.



IV: In Italia è stata avviata la semplificazione amministrativa e burocratica dello Stato. Questa semplificazione riguarda anche i consolati e in che modo?


RC: Nei consolati si impiega molto tempo ad interpretare ed applicare norme che talvolta sembrano non conformarsi alla realtà dell’Unione Europea e dello spazio Schengen. Per quanto riguarda il mio incarico, posso dire che la semplificazione è assolutamente prioritaria perché i compiti dei consolati sono aumentati, anche per via della crescita dei connazionali presenti sul territorio, mentre il personale si è ridotto. Quindi per far fronte in maniera efficace e tempestiva alle esigenze della collettività, c’è bisogno di semplificare sempre di più le procedure.
Noi stiamo cercando di farlo. Già ha iniziato il mio predecessore (Console Generale Filippo Scamacca, ndr), noi stiamo accelerando il processo in termini di organizzazione interna e di interpretazione delle disposizioni nella maniera più favorevole all’utenza, il tutto nei limiti della legge e dei regolamenti, sui quali non possiamo influire.  



IV: Ha idee e/o progetti particolari che vorrà realizzare durante il Suo mandato? 


RC: Uno dei miei compiti sarà quello di far conoscere ancora di più alla comunità tedesca le eccellenze italiane, perché è vero che siamo il Paese delle vacanze, della moda e della migliore cucina del mondo, ma non siamo solo questo. Siamo all’avanguardia nella ricerca, nella scienza, nel design, nella tecnica. Siamo tra i primi nel mondo in questi campi e vorrei adoperarmi per migliorare ulteriormente l’immagine dell’Italia, senza dimenticare i tanti lavoratori che lavorano duramente o quelli che hanno contribuito al miracolo economico tedesco.



IV: Nella sola Monaco vivono circa 30.000 italiani. L’aumento annuo, negli anni 2013 e 2014 è stato del 4% e del 5% rispettivamente. Chi sono i nuovi arrivati e cosa cercano in Germania?


RC: C’è una nuova migrazione, o meglio mobilità, causata in parte dalla crisi economica italiana. Molti sono laureati, ma molti sono anche italiani che vengono a cercare lavoro senza avere qualificazioni e senza conoscere la lingua. La Germania è considerata da alcuni come una sorta di paradiso dove tutto funziona, dove tutto è facile, anche trovare lavoro. Purtroppo non è così. Anche qui le cose sono cambiate. Il consolato generale cerca di aiutare i connazionali, ma ci sono poche chance di trovare lavoro se non si parla la lingua. Il nostro suggerimento è di informarsi approfonditamente prima di partire.
Purtroppo non di rado abbiamo dovuto aiutare connazionali a ritornare in patria; è amaro dirlo, ma succede anche questo. Quindi non solo migrazione qualificata, purtroppo c’è anche chi arriva qui perché spinto dalla disperazione, d’altronde l’Italia è un grande Paese, articolato e con tante realtà. Un aspetto da non sottovalutare è quello della vicinanza della Baviera. Chi, agli inizi del secolo scorso, è andato a vivere ad esempio in Argentina, ha tagliato i ponti e ha dovuto imparare lo spagnolo, peraltro molto più facile del tedesco.
Chi oggi viene in Baviera prevede a volte di starci poco o di poter rientrare in caso di difficoltà. Questo fa sì che non si impegni nell’imparare la lingua, e la mancata conoscenza della lingua è un aspetto che spesso si rivela problematico, ancor più quando ci sono dei figli in età scolare. 



IV: Il rendimento scolastico dei ragazzi italiani è piuttosto basso e meno di due su dieci riescono a frequentare un ginnasio. Cosa crede bisognerebbe fare per invertire questa tendenza?


RC: Già da molto tempo è nota la difficoltà che hanno i ragazzi italiani a integrarsi nella scuola bavarese. È una scuola particolarmente selettiva e che richiede il sostegno da parte dei genitori. Questo impegno dei genitori è tanto più efficace se questi conoscono la lingua tedesca. Il sistema scolastico tedesco, e bavarese in particolare, è molto diverso da quello italiano. Il sostegno dei genitori è parte integrante del sistema e questo molte famiglie italiane non se lo aspettano. C’è una sorta di gap culturale che ci penalizza e ciò avviene nonostante spesso i nostri ragazzi siano capaci e attenti. Il consolato generale lavora insieme a varie istituzioni tedesche per aiutare i genitori a capire come funziona il sistema scolastico bavarese in modo che essi possano meglio affrontarne le difficoltà.

IV: A Monaco ci sono dieci ginnasi bilingui, nessuno di loro è italo-tedesco. La Scuola elementare Leonardo da Vinci vuole crescere includendo nella sua offerta il percorso ginnasiale. Il consolato generale supporterà questa iniziativa?


RC: Dopo il successo avuto con la scuola elementare, la Leonardo da Vinci sta per partire con il ginnasio. Non è una cosa facile. Dietro questo passaggio c’è un grande lavoro e noi li stiamo aiutando con gli sponsor e le istituzioni tedesche. Si è in attesa dell’autorizzazione del Kultusministerium bavarese, ma allorquando sarà pronta non dovrebbero esserci più problemi. Pensiamo che sia sostanzialmente una formalità perché tutto è stato preparato secondo i criteri richiesti. Personalmente sono ottimista. 



IV: Parliamo del Comites, da poco eletto. Il consolato rappresenta lo Stato, il Comites i cittadini. Come possono entrambi collaborare per migliorare la percezione e la partecipazione da parte della comunità?
RC: 

I Comites sono istituzioni democratiche previste per legge e necessarie. Sono utili ai connazionali e sono utili ai consolati, perché insieme possiamo meglio individuare le esigenze della collettività. Ad esempio, possiamo scambiare idee e pareri su come migliorare i servizi o organizzare insieme eventi culturali, sociali o informativi. Questo è positivo per tutti. Ciò che mi duole constatare è che i membri attuali sono stati eletti con una percentuale piuttosto bassa di votanti.
D’altra parte all’estero non è facile informare adeguatamente i cittadini delle possibilità che sono loro offerte per partecipare più compiutamente alla vita della collettività. Nella mia esperienza in Croazia ho potuto seguire da vicino l’avvicendarsi tra due Comites e, devo dire, c’è stato un grosso ringiovanimento, che si è ripercosso positivamente sulla partecipazione dei cittadini. Anche qui a Monaco l’attuale Comites si è completamente rinnovato e questo, auspico, potrà contribuire a rafforzare la partecipazione.

IV: Signor Console, l’ultima domanda riguarda l’attuale clima di paura causata dal terrorismo. Può dirci la sua opinione?
RC: Non dobbiamo avere paura. All’inizio dell’intervista ho detto di aver prestato servizio in Etiopia. Ho vissuto in questo paese dal 1999 al 2002, durante la guerra con l’Eritrea. In Etiopia c’era e c’è ancora una piccola, piccolissima comunità di italiani perché dopo la dittatura di Mengistu gli Italiani sono andati via quasi tutti o sono stati espulsi.
Tuttavia sono rimaste le scuole statali italiane, così come in Eritrea, ed è rimasto un forte legame economico e di cooperazione con l’Italia. Un legame che oggi sta dando i suoi frutti. Investire in cooperazione e sostegno ai Paesi in via di sviluppo ne consente la stabilizzazione. Anche in Madagascar, dove sono stato dal 1988 al 1990 ho vissuto situazioni molto delicate, con colpi di stato e sommosse, ed ho dovuto proteggere connazionali in condizioni davvero pericolose.
Quanto al terrorismo, non dobbiamo averne paura, questo farebbe il gioco di coloro che vogliono che abbiamo paura. Dobbiamo fare attenzione, questo sì, e dobbiamo essere sempre solidali con le parti colpite, così come con le minoranze discriminate. Se colpiscono una minoranza o una comunità diversa dalla nostra è come se colpissero noi stessi. Dall’11 settembre 2001 il mondo è cambiato, ma noi dobbiamo continuare a vivere secondo i criteri della nostra civiltà. La maggior parte delle vittime del terrorismo sono altri mussulmani. È vero, il pericolo attuale viene soprattutto da fanatici islamisti, ma le cause del terrorismo sono molteplici e complesse, anche di natura politica ed economica. Non si può semplificare, tanto più che si ha a che fare con una religione che ha più di un miliardo e mezzo di aderenti. Dobbiamo convivere nel rispetto dei valori reciproci. Chi viene in Europa deve rispettare i valori della nostra civiltà, delle nostre costituzioni, delle nostre leggi.

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