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Categoria: Dossier
Pubblicato Mercoledì, 24 Novembre 2010 07:43

Il mantenimento dei figli maggiorenni

Un confronto fra Italia e Germania

Bis zu welchem Alter und nach welchen Regeln soll man für den Unterhalt seiner volljährigen Kinder sorgen? Ein Blick auf das deutsche und das italienische Verhalten verrät einige wesentliche Regeln und zeigt auch Unterschiede in der Handhabung zwischen den beiden Ländern.

Avv. Francesca Perri

In Italia come in Germania, i genitori sono tenuti a mantenere, istruire ed educare i propri figli tenendo conto delle loro capacità, delle loro inclinazioni naturali e delle loro aspirazioni. Il principio è a tutti noto, almeno fino a che i genitori non si ritrovano separati o divorziati con figli ormai maggiorenni. In queste situazioni, infatti, nulla è più così scontato: il mantenimento del figlio spesso diventa uno strumento di guerra tra i due genitori e oggetto di dubbi interpretativi per i giuristi. In virtù di quali presupposti e per quanto tempo si è tenuti a mantenere i propri figli anche se maggiorenni? Come spesso accade, anche in questo caso la legge non disciplina la materia in ogni dettaglio, così che accanto agli articoli di legge risultano di fondamentale importanza i principi e le regole sviluppate nel corso del tempo dai giudici chiamati a decidere ogni volta singoli casi, sia in Italia che in Germania. E, bisogna proprio dirlo, tutto sembra rispondere a cliché consumati: in Italia, affermazioni di principio piuttosto generiche e “buonismo” a volontà; in Germania, regole chiare ed analitiche ed una certa severità di giudizio. Secondo una regola generalissima, valida in entrambi i paesi, il figlio non perde il proprio diritto ad essere mantenuto dai genitori per il solo fatto di aver compiuto i diciotto anni: certamente i genitori dovranno continuare a mantenerlo in tutti i casi in cui non abbia ancora completato la propria formazione scolastica o professionale. In queste ipotesi – dice la giurisprudenza italiana – i genitori devono garantire al proprio figlio, nei limiti del possibile, il tenore di vita avuto prima della separazione, contribuendo a tal fine ciascuno in misura proporzionale alle proprie sostanze ed alla rispettiva potenzialità di lavoro; e ciò fino a che il genitore interessato non dimostri che il proprio figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un’attività economica dipende da un atteggiamento di inerzia o rifiuto ingiustificato. Se poi cerchiamo di capire cosa più concretamente significhino questi principi generali, scopriamo, per esempio, che il padre di uno studente universitario di ventiquattro anni è comunque tenuto a mantenerlo, si noti bene, per il solo fatto di essere iscritto all’università ed a prescindere dai risultati ottenuti. Ancora, scopriamo che non hanno normalmente colpa – ed hanno pertanto diritto al mantenimento – i figli ormai trentenni che rifiutano una sistemazione lavorativa non corrispondente alle loro aspirazioni e formazione, almeno nei limiti di tempo (non meglio precisati) in cui dette aspirazioni abbiano una ragionevole possibilità di realizzarsi e sempre che ciò sia compatibile con le condizioni economiche della famiglia. Inutile dire che non è così anche in Germania. Fermo restando che ogni caso è diverso da tutti gli altri, in generale sostiene la giurisprudenza che il maggiorenne ha diritto al mantenimento solo se segue il proprio percorso formativo con serietà, in modo relativamente lineare (per esempio, ad uno studente sono concessi non più di tre semestri dall’inizio del proprio corso di studi per decidere di cambiare facoltà), per una durata che non supera significativamente la durata ufficiale del corso e solo finché si tratti di un grado di formazione “normale“ (tale non è ritenuto, per esempio, il dottorato post-universitario). Ancora, completata la formazione regolare, sono normalmente previsti tre mesi di tempo per la ricerca del lavoro. Dopo di che i genitori non sono più obbligati al mantenimento: a rigore di legge sorge l’obbligo di accettare qualunque lavoro, anche se non corrispondente alle aspettative e alla qualificazione della persona. Anche per quanto riguarda gli importi dovuti, in Germania si è cercato di stabilire dei criteri il più possibile certi ed uniformi ai quali è possibile far riferimento. Infatti, sulla base delle pronunce dei più importanti tribunali dei vecchi Länder, viene redatta e periodicamente aggiornata la cosiddetta Düsseldorfer Tabelle, la quale indica l’importo mensile dovuto in base alla fascia di reddito dei genitori obbligati, alla fascia d’età dell’avente diritto (fino ai 21 anni) ed in considerazione di ulteriori variabili rilevanti. Un’altra differenza: salvo come sempre l’esame del singolo caso, in Italia il genitore non convivente deve normalmente pagare il genitore con il quale il figlio convive o con il quale ha comunque uno stretto contatto; in Germania invece il rapporto intercorre di norma direttamente con il figlio. Un piccolo stratagemma che in alcuni casi può aiutare ad evitare di strumentalizzare la questione del mantenimento dei figli, usata come arma da guerra tra coniugi separati o divorziati; almeno una battaglia di meno.

(2005-4 pg 26)

 

 



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