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Categoria: Ecologia
Pubblicato Sabato, 30 Luglio 2011 07:34

Asfalto e politica

Autostrade, tangenti e inquinamento ambientale: così l'Italia resta indietro

Obwohl die Straßen in Italien chronisch verstopft sind, funktioniert das System der Bahn nur kaum. U-Bahnlinien existieren praktisch nirgendwo. Unsere Politiker lassen sich lieber weiterhin von den großzügigen Spenden der Automobilindustrie beeinflussen – mit verheerenden Folgen für Mensch, Landschaft und Natur.

Franco Casadidio

Monaco, 31 luglio 2011
Due passi indietro. Sono quelli che Filippo Penati, presidente del Consiglio Regionale lombardo ed ex presidente della Provincia di Milano, ha deciso di fare a seguito dell’inchiesta che lo vede coinvolto in un presunto giro di tangenti. La vicenda risale agli anni in cui Penati, figura di primo piano del PD (Partito Democratico ndr) nazionale e per diverso tempo braccio destro del segretario Pierluigi Bersani, ha ricoperto il ruolo di presidente della provincia meneghina e ipotizza un vorticoso giro di tangenti milionarie pagate da alcuni imprenditori per assicurarsi la vittoria nelle gare d’appalto indette dall’Ente locale, tutto in perfetto stile “prima Repubblica”.

Tra le altre vicende è tornata alla ribalta anche quella che, a suo tempo, fu la causa di un violento scontro verbale tra lo stesso Penati e l’allora sindaco di Milano, Gabriele Albertini: l’acquisto da parte della provincia di quote azionarie dell’autostrada Milano-Serravalle. La storia si svolge nell’estate del 2005, quella dei tristemente famosi furbetti del quartierino, e vede la Provincia di Milano spendere un pacco di milioni (circa 238) per acquistare dall’imprenditore Marcellino Gavio (uno dei “patrioti” del salvataggio Alitalia, a capo di uno dei maggiori gruppi industriali italiani) il 15% delle azioni della Milano-Serravalle, autostrada peraltro saldamente in mano pubblica visto che Provincia e Comune di Milano ne detengono già la maggioranza assoluta. La Provincia paga ogni azione di Gavio 8,83 euro a fronte dei 2,9 pagati solo 18 mesi prima dall’imprenditore che così realizza una plusvalenza di quasi 180 milioni di euro: un buon affare, non c’è che dire.

Ma siccome non si fa nulla per nulla, pochi giorni dopo ecco che Gavio investe un terzo di quanto ricavato per dare una mano a Giovanni Consorte nel tentativo di scalata ad Unipol (quella della famosa telefonata di Fassino “Allora, abbiamo una banca?”). Se ci saranno risvolti penali sarà la magistratura a deciderlo, a noi interessa approfondire il legame perverso tra politici e imprenditori in materia di grandi opere pubbliche, in particolare strade e autostrade. Oltre a quello già citato, altro esempio illuminante è quello legato alla costruzione dell’autostrada Livorno-Civitavecchia, chiamata da alcuni “spaccamaremma”. Qui la vicenda supera il livello locale per approdare a lidi istituzionali nazionali, essendo il ministro Matteoli il primo e più importante sponsor dell’opera insieme al collega Lunardi, il quale è peraltro in evidente conflitto d’interessi essendo a capo della più grande società geoingegneristica italiana specializzata nella realizzazione di gallerie e tunnel: la Rocksoil.

Il presupposto alla base della costruzione dell’autostrada è, secondo alcuni, l’estrema pericolosità dell’attuale strada di collegamento, l’Aurelia. La soluzione migliore per ridurre il bagno di sangue che interessa l’Aurelia è, secondo alcuni,  la costruzione di una nuova autostrada: 110 chilometri di asfalto che nel tratto Grosseto-Civitavecchia affiancherebbero l’attuale Aurelia tagliando in due la maremma tosco-laziale con evidenti danni ambientali e paesaggistici. E, tutto sommato, la soluzione scelta (costiera) non è la peggiore se si pensa che qualche anno fa, proprio l’allora ministro delle infrastrutture Lunardi, presentò una soluzione alternativa che prevedeva la costruzione di un’autostrada collinare, cosa che fece tremare i polsi all’opinione pubblica  a causa delle decine di ponti, viadotti e gallerie che avrebbero sventrato e distrutto per sempre un territorio unico come quello delle colline toscane, ma che prometteva di fare la felicità di molte imprese tra le quali, perché no, la stessa Rocksoil; ma forse è solamente una coincidenza.

Il caso Livorno-Civitavecchia è arrivato alla ribalta nazionale anche, ma non solo, grazie agli appelli di numerosi uomini di cultura e spettacolo, schierati da subito contro un progetto a dir poco ardito, accusati però di voler solamente difendere i propri interessi VIP con relative ville, pericolosamente vicine al tracciato ipotizzato. Certo, immaginare un’autostrada che affetti come la lama di un coltello località come Capalbio, Orbetello, Argentario ecc. porta istintivamente a pensare a un problema che riguarda solamente alcune elites, ma la verità è che il grosso dei disagi verranno arrecati ai contadini, alle aziende agricole, ai cittadini, alla gente comune insomma, che dovrà fare i conti con la cementificazione di una parte importante delle proprie terre, con l’immissione in atmosfera di tonnellate di inquinanti, con una qualità della vita che rischia di scendere pericolosamente ai livelli di una qualsiasi metropoli urbana, snaturando le prerogative di un territorio quasi integro e unico nel suo genere. Solo considerazioni da Nimby, insomma? No, se è vero che in molti, ambientalisti in testa ma anche esperti di livello internazionale, avevano proposto una soluzione alternativa, molto più semplice ed economica: l’ampliamento e la messa in sicurezza dell’attuale Aurelia. Una soluzione dall’impatto ambientale ben minore a costi molto più bassi che non costruire da zero una nuova autostrada. La soluzione, però, è stata troppo frettolosamente accantonata in favore del nuovo tracciato anche con il benestare della Regione Toscana che inzialmente, invece, si era opposta, salvo poi ricredersi, fulminata sulla via di Damasco in un modo che, a molti, è parso inspiegabile.

I primi lavori sono inziati a dicembre 2009 e, anche se la loro fine è prevedibilmente lontana nel tempo, oramai il destino di centinaia di chilometri di campagna tosco-laziale sono inevitabilmente segnati, tra le lacrime di gioia del ministro Matteoli il giorno dell’inaugurazione dei primi cantieri e quelle di rabbia di migliaia di cittadini, VIP o meno, contrari all’opera.

Del resto costruire strade sembra essere un vezzo di quasi tutte le amministrazioni locali del nostro Paese. Si va dalla famigerata “Nuova Romea”, la superstrada tanto cara all’onorevole Bersani, che dovrebbe collegare Mestre a Civitavecchia attraverso zone di notevole pregio ambientale e naturalistico come il delta del Po e le colline umbro-marchigiane, alla BreBeMi, la Brescia-Bergamo-Milano; dalla pedemontana che dovrebbe unire Varese a Bergamo con una colata di dieci milioni di metri quadri di asfalto, alle tante bretelle e bretelline liguri progettate con l’unico scopo di facilitare l’esodo di piemontesi e lombardi verso le riviere di ponente e levante e incrementare così la costruzione e la vendita di seconde case al mare. Dalla “Quadrilatero” Umbria-Marche, un’altra soluzione sventra montagne che dovrebbe facilitare e incentivare il commercio e l’industrializzazione delle zone interessate (manco ci trovassimo in piena Silicon Valley invece che a cavallo di due regioni che, con le loro bellezze storiche, artistiche e naturali potrebbero letteralmente “campare” di turismo) alla Broni-Mortara, alla Cremona-Mantova, alla Tirreno-Brennero e insomma, chi più ne ha più ne metta.

Una smania costruttiva che non si riscontra, purtroppo, in altri settori dei trasporti come le ferrovie e le metropolitane che hanno raccolto solamente il 30% dei finanziamenti della legge obiettivo 2002/2010 contro il 70% di strade e autostrade e questo nonostante i fabbisogni da reperire fossero esattemente all’opposto: 69,5% ferro, 30,5% gomma!. Per il trasporto urbano su ferro il confronto con gli altri paesi europei è a dir poco imbarazzante. Tanto per dare qualche numero, Madrid ha una linea metropolitana che ha un’estensione tripla rispetto a quelle di Roma, Milano e Napoli messe insieme mentre Monaco di Baviera, con la metà degli abitanti, ha il quadruplo delle linee metro di Milano. E si potrebbe continuare così in confronti che, comunque li si voglia valutare, vedono il nostro Paese uscire largamente sconfitto. Sorte uguale, se non peggiore, godono i trasporti ferroviari, dove basta un dato su tutti. Nel 2010 l’incidenza sui bilanci regionali degli stanziamenti a favore del trasporto ferroviario pendolare (quello che è il diretto antagonista del traffico automobilistico privato, tanto per capirci) ha inciso per cifre irrisorie, variando tra l’1,2% speso dalla provincia di Bolzano e il desolante 0% di Umbria e Sicilia: chiaro no?

I comitati che si oppongono alla costruzione della nuova autostrada Mestre-Civitavecchia hanno calcolato che con i dieci miliardi di euro necessari a realizzarla si potrebbero manutenzionare e mettere in sicurezza tutte le strade italiane e forse avanzerebbe pure qualche spicciolo, ma la classe politica italiana è ormai decisa: nuove strade, senza se e senza ma. Così viviamo il paradosso di amministratori che a parole sostengono di voler incentivare il trasporto pubblico (il che, visto che gli enti locali sono i principali azionisti delle aziende di trasporto pubblico locale, gli converrebbe pure economicamente!) mentre con i fatti erogano fondi per la costruzione di nuove strade e parcheggi, l’unico sistema certo per incentivare il trasporto privato. E le conseguenze di questa scellerata politica dei trasporti sono sotto gli occhi di tutti, sotto forma di città perennemente congestionate da un traffico sempre più opprimente e, soprattutto, sotto forma di un inquinamento ambientale fuori controllo che ha portato l’Europa ad aprire una procedura di infrazione nei nostri confronti che, a breve, ci costerà una multa che il Ministro dell’ambiente Prestigiacomo ha prudentemente stimato in 1,5 miliardi di euro.

Nonostante questo in tutta Italia è un continuo susseguirsi di progetti, studi, valutazioni di impatto ambientale, inaugurazioni di brevi tratti di nuove arterie stradali, con una classe politica cieca e sorda ai richiami dell’Europa ma, cosa ancor più grave, anche a quelli dei propri cittadini: forse, quando ci accorgeremo della follia che si nasconde dietro tutto ciò sarà troppo tardi perché ci saremo già giocati tutto quello che abbiamo di più prezioso: l’ambiente che ci circonda.

E a quel punto tornare indietro non sarà più possibile.

Fonti:      “La Colata” - Edizioni Chiarelettere, anno 2010

                “Rapporto Pendolaria 2010” - Legambiente

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