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Categoria: Editoriali
Pubblicato Sabato, 21 Luglio 2012 14:27

IL PELO DEL LUPO

Il canis lupus italicus, nome latino del lupo appenninico, fin dai tempi dei Romani è sempre stato tacciato di crudeltà e voracità, da cui sarebbe irredimibile, diventando oggetto di cacce spietate, che quasi lo hanno portato all’estinzione, e di proverbi, tra cui il più noto è che il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Ai giorni nostri, il vero lupus italicus si è sistemato su due zampe, ha indossato la giacca o il tailleur, e, anziché andare a caccia di prede per le aspre terre dell’Appennino, ha optato per le comode e ben climatizzate stanze della politica nazionale o locale; solo un paio di caratteristiche ha conservato dei suoi predecessori a quattro zampe: la voracità e la coerenza nel perseguire i vizi.
È cronaca infinita di questi giorni gli scandali che hanno unito in un solo mortale abbraccio la pseudo efficienza della macchina della Regione Lombardia dalla ben nota “maledizione” che nelle ultime legislature ha colpito il Presidente della Regione Lazio (vogliamo ricordare che la Polverini è stata preceduta da Storace e da Marrazzo?).
Temiamo che di questi insaziabili personaggi venuti alla ribalta nelle scorse settimane ce ne siano almeno un paio per ogni Regione, Provincia o Comune; solo, ancora non sono stati scoperti…
Il nuovo lupus italicus non rischia certamente più l’estinzione, e, anzi, è così ben diffuso nella società e nella politica, che a volte la gente non sa più distinguerlo. Ha imparato così bene a mimetizzarsi che talvolta, rubando l’astuzia della sua cugina volpe, da politico dimissionario si trasforma in tecnico e, addirittura, per nomina ministeriale, in direttore di un prestigioso museo di Roma.
'Siamo sicuri che i lupi più pericolosi perdano ancora tempo con le greggi della Maiella???

Roma, 22 ottobre 2012
Marco Armeni

 

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