lettera

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Basta. La diagnosi è fatta ed è certa.
Si può andare da qualsiasi  medico:
"Mostri la lingua". Fatto.
"Faccia gli esami del sangue". Fatti.
"Faccia la radiografia". Fatta.
"Faccia l'ecografia". Fatta.
E facciamo pure la stratigrafia, e poi la transrettale, e poi la gastroscopia e poi la risonanza, e poi non si sa cosa altro ancora: la diagnosi è sempre la stessa: "Lei ha Berlusconi sullo stomaco".


Bene, abbiamo accertato - al dilà di ogni ragionevole dubbio - che l'Italia ha Berlusconi sullo stomaco.
Va tolto. I problemi sono: come toglierlo, e soprattutto,  come effettuare l'asportazione in modo che - eliminato lui - il Paese possa riprendersi dal trauma dell'operazione, ritornando ad una vita pubblica accettabile. Una vita pubblica che lo metta in grado di affrontare le sfide che si vedono all'orizzonte e che ci arriveranno addosso comunque, e che lo metta in grado di riparare i danni fatti in quindici anni di  populismo velleitario ed imbroglione. Il rischio altrimenti è di vedere il Paese languire in una convalescenza infinitae depauperarsi in nuove cure inconcludenti. Io vedo la situazione di oggi esattamente in questi termini: la diagnosi è certa, ma non si sa ancora come operare, con che speranze di sopravvivenza, e chi sarà il chirurgo che opererà. Vedo un affollarsi di mediconi intorno al capezzale
di questo povero Paese, ma non sento parlare di prospettive di sopravvivenza. Non riesco più a leggere le prime 10 pagine dei giornali: a parlare male di Berlusconi sono capaci tutti. Da tempo ormai comincio a leggere da pagina 15 o 20 dove si parla di economia, di arte, di viaggi: insomma dove si parla della vita. Per quanto attiene alla politica nazionale, io aspetto di leggere il "come" e il "chi" sia in grado di rimettere la barca in rotta di navigazione. In tutti i Paesi che conosciamo sono scomparse intere classi politiche, sostituite da altre in grado di tenere il proprio Paese in sintonia con il mondo. In Italia no. Si ripropongono personaggi e schemi che andavano bene ai tempi della guerra fredda. Personaggi e temi che hanno prodotto, o consentito, indifferentemente le brigate rosse o la "gladio", la P2 o la P3, ruberie di vario genere e natura che hanno infestato la storia di questo Paese dai tempi dell'Unificazione.
Non scherzo quando dico che Berlusconi è un ottimo alibi per la sinistra, per i variegati centrini, e anche per le molteplici "ultrasinistre che più a sinistra di così non si può". Un alibi che consente di non dover fare scelte, un alibi che consente di non dover dimostrare che non si sa dove portare il Paese. E dico con precisione il Paese tutto intero, con i suoi padani al bivacco, con i suoi mafiosi con la coppola, con i suoi baciapile di "comunione e fatturazione". E' un Paese complesso, certo: a volte è forte la tentazione di spaccarlo a pezzi, buttarli tutti a mare  e  gridare dall'alto della tolda: "si salvi chi può".
Ma altrettanto forte è, e deve essere, l'impegno concreto per un recupero "civile" che ancora, forse, è possibile. Ma il tempo passa e la situazione si aggrava. Io non vedo un "disegno" per il futuro né, e questo è peggio, la "persona" che possa aggregare - mediando, certamente - disegni differenti nei particolari, ma animati da un condiviso obiettivo finale. Come succedeva con i grandi pittori del '500 che aggregavano e completavano il lavoro di tanti  "lavoranti di  bottega" fino a produrre una unica opera d'arte.
E non parliamo del resto. Da domani leggerò solo le pagine dello spettacolo.

Alessandro Gambaro, 2 gennaio 2011

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