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Categoria: Lettere
Pubblicato Giovedì, 03 Ottobre 2013 19:29

Compleanno

Pasquale Episcopo

Monaco, 2 ottobre 2013.
La chiamano “sindrome da alienazione parentale”. Tre parole per dire che un figlio ti ha escluso dalla sua vita. Succede spesso, anche se statistiche certe non esistono. Succede, oggi più che in passato, perché oggi più che in passato ci si separa. Succede e interessa soprattutto i padri.

Ma la separazione dei genitori non basta in sé a causare il fenomeno. La causa del fenomeno risiede anche nelle leggi di cosiddetti Stati di diritto, leggi incapaci di realizzare compiutamente il principio della bigenitorialità, ovvero il diritto dei figli a entrambi i genitori. Sono proprio tali leggi, e le istituzioni preposte alla loro attuazione, che a volte determinano e persino accentuano la mancanza di dialogo e di collaborazione tra i genitori. Padri e madri che finiscono col farsi la guerra invece di contribuire alla educazione dei figli, salvaguardandoli con ciò dalle peggiori conseguenze della separazione.

L’ultima cosa che vuole un figlio è vedere i propri genitori separarsi. Ma non è questo che più lo ferisce intimamente. Ciò che lo ferisce veramente è che i genitori litighino, oppure che essi semplicemente non si parlino più, il che a volte può essere perfino peggio.

Conosco una bambina - oggi è una ragazza - a cui è successo proprio questo. Una bambina bilingue, bella, intelligente e vivace. Una bambina che ha reso i suoi genitori orgogliosi di essere tali e che ne ha fatto le persone più felici del mondo. Quella bambina è mia figlia.

Oggi è il suo sedicesimo compleanno ed io non potrò vederla né farle gli auguri. Eppure non abitiamo lontano, anzi: per andare a scuola lei passa ogni giorno davanti al portone di casa mia. Passa, ma non suona mai, non si ferma mai. Tutto ciò non è bello. E non deve essere facile neanche per lei.

Siccome ho avuto nostalgia, oggi ho passato alcune ore a guardare le foto e i filmini della sua prima infanzia e della adolescenza, compresi gli anni dopo la separazione. Quanto ci siamo divertiti! E quante cose abbiamo fatto insieme! A casa, in giro in bicicletta, al parco, allo zoo, al circo, al lago, in piscina, in pizzeria. E poi la sera a legger storie e a fantasticare, a capire il significato delle parole, a interpretare concetti e valori: il coraggio e la generosità, l’amicizia e l’altruismo, il rispetto e la dignità, la speranza e l’amore! E poi in vacanza, in viaggio verso l’Italia, in auto io e lei che andiamo al mare o in montagna o a visitare un’altra nuova città. Con lei ho vissuto la magia della scoperta, il piacere della sorpresa, l’emozione della gioia, l’immensità dell’amore. Con lei ho visto il mondo con gli occhi di un bambino ed ho rivissuto la mia stessa infanzia. Grazie, cara figlia.

Ora noi due non ci vediamo più ed io non so più niente di te. Nulla. Nulla di quello che fai, di come va la scuola, delle tue amicizie, dei tuoi problemi, dei tuoi desideri, dei tuoi sogni. Nella tua vita per me non c’è più spazio. Ma io ti penso, ogni giorno, ogni nuovo giorno ti penso anche se non ti chiamo. Anche oggi non ti ho chiamata e non puoi immaginare quello che mi è costato.

Come stai adorata figlia? Come vorrei rivederti e riabbracciarti!

Io non so dire perché questo succede e sono certo che neanche tu lo sai. Perciò nemmeno te lo chiedo. Perché non c’è un vero motivo, né può esserci. Non c’è una causa che possa giustificare, in assenza di un evento traumatico, che una figlia abituata a vedere il padre quasi tutti i giorni, smetta poi all’improvviso di farlo. È esattamente quello che è successo a noi due. E se è successo a noi due che avevamo (e abbiamo) un bellissimo rapporto, figuriamoci con che facilità succede a tanti altri bambini e ragazzi che questa fortuna non l’hanno avuta. Anche loro, come te, vittime dell’incapacità dei grandi, dentro e fuori le famiglie. Adulti che hanno disatteso il loro compito primario e fondamentale, quello di proteggere e curare, di educare e di amare. Che tristezza!

Sono già diversi mesi che io nella tua vita non ci sono più, non esisto più. Ma, ne sono certo, verrà un giorno in cui tutto questo finirà. Verrà un giorno in cui senza rendertene conto pronuncerai una semplice parola in questa bellissima lingua che da me hai imparato e che ha accompagnato l’evoluzione del nostro rapporto. E allora nella tua mente e nel tuo cuore si aprirà lo squarcio di un ricordo, ti apparirà un’immagine, proverai un’emozione e conoscerai quanto è profondo il vuoto. E capirai che la vita può essere cinica e assurda. Quel giorno ti sentirai più vulnerabile e sola. Sappi che quel giorno tuo padre ci sarà, che c’è sempre stato, che ti vuol bene e che non ha mai smesso di volertene.

Io spero che quel giorno arrivi presto.

Buon Compleanno, Anna.

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