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Categoria: lettres italiennes
Pubblicato Domenica, 12 Marzo 2017 16:23

Eroi

Lettres italiennes

Corrado Conforti

Monaco, 10 marzo 2017.
In un paese che non ha più niente (perché i suoi abitanti dal dopoguerra in poi hanno preso a distruggerlo, cancellando prati, insozzando fiumi e deturpando centri abitati), in un paese in queste condizioni si è tornati a parlare di eroi. L'occasione è stata la recente scossa di terremoto in Abruzzo con la slavina che ne è derivata, e che ha distrutto un intero albergo, e il conseguente intervento del soccorso alpino e dei vigili del fuoco.

Diciamo subito che nessun paese è estraneo alla retorica dell'eroismo, ma non è un caso che questa sia più diffusa in quelli che non funzionano. Là dove lo stato è latente ci si consola esaltando chi molto spesso non fa altro che il proprio dovere, vale a dire il lavoro che si è scelto e per il quale è pagato, magari poco, ma è pagato. È un eroe un pompiere che spegne il fuoco o che scava tra le macerie di un edificio crollato? Se sì, allora è un eroe anche un insegnante che insegna e un impiegato comunale che anziché farsi timbrare il cartellino da un collega e restarsene a casa, sbriga le pratiche che ha sul tavolo. Il fatto è che in Italia purtroppo il senso del dovere è talmente poco diffuso che chi onora il contratto che ha firmato, appare come qualcosa di speciale, un alieno quasi, un eroe appunto.

Ma allora che cosa è un eroe? Eroe, mi informa il dizionario Treccani, è Chi dà prova di grande abnegazione e di spirito di sacrificio per un nobile ideale. A questo punto, visto che figure di questo tipo nell'Italia dei nostri giorni non ne rintraccio, sono costretto a rivolgermi al passato e ad andare a pescare in quel pantheon laico costituito dai monumenti e dalla odonomastica delle nostre città. Un nome spicca fra gli altri, quello di Garibaldi che è eroe non solo italiano, ma addirittura dei cosiddetti due mondi, vala a dire del vecchio (l'Europa) e del nuovo (l'America). Sul personaggio non c'è niente da dire: uno che dopo aver conquistato un regno (quello delle Due Sicilie) si ritira su un'isoletta al largo della Sardegna portandosi dietro solo alcuni sacchi di sementi, merita tutto il mio rispetto. Così come merita il mio rispetto e anche la mia commozione quel Salvo d'Acquisto carabiniere napoletano che nel 1943, autoaccusandosi di un attentato che non aveva commesso (e che non era stato nemmeno un attentato), salvò la vita a 22 ostaggi.

Il fatto è però che uno vorrebbe rintracciare in queste figure quelle caratteristiche che, seppure esaltate nell'atto eroico, siano comuni al popolo al quale quegli eroi appartengono: la sincerità, l'onestà, la generosità. E qui le cose si fanno ahimè difficili, anche se, ed è successo con i fatti ai quali ho sopra accennato, le virtù dei soccorritori sono assurte a patrimonio dell'intera nazione, la quale, si dice, a volte mostrerà pure qualche tratto meschino, però nel momento del bisogno... Nel momento del bisogno un corno! Anni fa, poche ore dopo il terremoto dell'Aquila, c'era chi rideva pregustando gli appalti che gli sarebbero stati assegnati e, sempre nel capoluogo abruzzese, c'era chi negli anni precedenti, pur costruendo in zona sismica, aveva risparmiato sul cemento, sostituendolo con malta e sabbia. E mi fermo qui perché a elencare comportamenti infami occorrerebbero pagine e pagine.

Dunque a voler cercare qualcuno che rappresenti, esaltandoli, i vizi italici e non invece le scarse virtù, bisognerebbe andare a curiosare non nello scaffale delle agiografie, bensì negli archivi giudiziari. Si troverebbe qui una ricca quantità di antieroi i quali sì sarebbero rappresentativi.

Io una preferenza ce l'ho e ce l'ho dagli anni delle elementari, quando il maestro ci parlò di quel Fabrizio Maramaldo, capitano di ventura, che nel 1530 a sangue freddo ferì a morte il fiorentino Francesco Ferrucci che aveva difeso dalle truppe di Carlo V la sua città, trasformatasi in repubblica dopo la cacciata dei Medici. L'episodio è notissimo: contro Maramaldo che aveva infierito su di lui disarmato, Ferrucci pronunciò le famose parole: “Vile, tu uccidi un uomo morto”. Ecco dunque un personaggio che rappresenta al meglio il vizio italico non solo di correre in soccorso del vincitore, ma di accanirsi sullo sconfitto, fornendo spettacoli indecenti, come quello a cui assistette il 29 aprile del 1945 a Milano in piazzale Loreto il partigiano Italo Pietra e che trent'anni dopo rievocò con le seguenti parole “Passavano e ripassavano dei camion coi predellini carichi di bei gesti, di bocche rotonde, di petti in fuori che facevano pensare a certi monumenti del nostro Risorgimento e della prima guerra mondiale. […] Era il calcolo miserabile del trasformismo che in quel momento prendeva tutte le vesti per prender parte al trionfo e alle speranze del vincitore”.

Bene, trovato l'eroe, occorre adesso trovare il materiale del monumento. Io propongo la pietra del famoso masso che dal 18 agosto del 2015 blocca la provinciale Acquara – Castelcivita e che in un rimbalzo di competenze nessuno (regione, provincia, comune) si sogna di rimuovere.

Vuoi vedere che in questo modo quella strada sarebbe finalmente riaperta alla circolazione?

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