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Categoria: Recensioni
Pubblicato Martedì, 07 Dicembre 2010 14:51

Lettera ad un’amica pittrice

Presentazione della mostra di Cristina Picciolini nella Mohr Villa il 17 marzo 2009

Liebe Cristina,

danke dafür, dass du mir erneut die Möglichkeit gibst, über deine Werke zu sprechen, denn diesen gelingt es auf wunderbare Weise, jener Dimension Raum in meinem Denken zu erschließen, in der meine Seele unbeeinträchtigt Freiheit atmen kann.

Es ist dies unser zweites Experiment mit dem „Figurativen Gedanken“ - ein Bereich, den wir gemeinsam entdeckt haben, ein Raum, in dem meine Reflektion sich von deinen Farben und Formen leiten lässt.

Die Farbe:

 

Bei der Erforschung der Art und Bedeutung dieser wunderbaren Synergie habe ich, die ich es vorziehe, mich auf Italienisch auszudrücken, eine Quelle der Inspiration in der deutschen Übersetzung des Wortes „anima“ = „Seele“ entdeckt.

 

Und wenn ich über unsere „Seelenfreundschaft“ nachdenke, über jenes geheimnisvolle Band, das uns verbindet, entdecke ich, verborgen im Wort Seele, das andere, das uns ebenso stark verbindet: „Die See“ = „il mare“. Das tiefe, blaue Meer der Toskana unserer Kindheit und Jugend, jener weite und offene Horizont, der ständig vor unseren Augen zu tanzen scheint.

Das Wunder der Wörter: Die See erweist sich auf Deutsch als erster Erzeugungsimpuls der Seele selbst sowie auch ihres Phonems.

Ob das ein Zufall ist? Oder eine Notwendigkeit? Ich wüsste es nicht zu sagen. Ich weiß nur, dass uns das Leben veranlasst hat, unser Meer zu verlassen, um diese wunderbare Identität zu erfassen. Indem wir uns von ihm entfernt haben, haben wir es in unserer Seele verinnerlicht wieder gefunden. Es ist zu unserer Seele geworden: einer flüssigen Seele.

So wie deine „Blaus“ mit ihren zahllosen Blautönungen. Sie mussten sich „vom Meer lösen“, um in das Fleisch deiner Figuren eindringen zu können und zu ihrer Essenz, ja Seele zu werden.

Wir müssen dieser uns fremden Sprache dankbar sein, die uns auf so einfache und empfindsame Weise ein schon immer geahntes, schon immer gesuchtes Geheimnis offenbart hat.Aus der Tiefe des Meeres geboren ist unsere „Sirenen“- Seele (eines deiner bedeutsamen Bilder), aus der Tiefe des Meeres geboren ist unsere Fähigkeit zu sehen...

Eine weitere Affinität: sehen = guardare.

Nur ein kleines „h“ trennt sehen von die See und von Seele. Alles, alles scheint aus diesem Hauch durch unsere Lippen zu entstehen: see...seele...sehen...

Aber wohin schauen unsere Meeresaugen?

Die Form

Wenn ich deine Figuren betrachte, die, die mich am meisten inspirieren, muss ich an die „Maske“ denken und mit ihr „bekommen meine Gedanken Flügel“...Beunruhigende und mächtige, weibliche Figuren, in sich verschlossen durch die Masken, die sie tragen, andere mit in die Ferne gerichtetem Blick.

Wohin trägt mich dieses qualvolle Symbol? In weite Ferne, jenseits der Esthetik des Karnevals von Venedig, jenseits der Dichtung von Pirandelli... in eine ferne etruskische Vergangenheit, die uns wiederum eint.

In jener fernen Vergangenheit wurde die Maske, die der Schauspieler im Theater trug, „persus“ genannt. Die Römer verwandelten es in „persona“ und in der Folge nahm es die Bedeutung „Individuum“ an.

Oft habe ich mich gefragt, welche Beziehung zwischen der „Maske“ und der „Person“ im heutigen Wortsinn besteht.

In welchem Umfang war und ist die Maske in der Lage, das menschliche Wesen in seiner Komplexität und Innerlichkeit zu „gebären“? In welchem Maße ist die Maske für diesen Prozess erforderlich?

Oscar Wilde schreibt: „Der Mensch ist nicht sehr ehrlich, wenn er von seiner eigenen Person spricht. Gib ihm eine Maske und er wird dir die Wahrheit sagen“.

Warum braucht der Mensch eine Maske, um die Wahrheit zu sagen, um auf authentische Weise er selbst zu sein?

Es scheint ein Widerspruch zu sein: Sich verbergen, um sich zu offenbaren, sich bedecken, um sich zu entblößen, sich verschließen, um sich zu öffnen.

Die Maske scheint eine doppelte Funktion zu haben. Auf der einen Seite verbirgt sie und täuscht sie vor, auf der anderen verschleiert sie, deutet an und schützt. Nur in diesem bewachten Raum kann der Mensch seine eigene Innerlichkeit entwickeln, seine eigene, unverwechselbare spirituelle Einzigartigkeit.

Das ist es, was ich in deinen weiblichen Figuren sehe. Verschlossen in ihre Masken sind sie dabei, ihre neue Identität zu gebären.

Es sind Figuren, die eine ungezähmte Widerstandskraft gegen eine inzwischen vergangene Welt freisetzen, eine Welt, die ihnen die Seele und die Würde des Individuums absprechen wollte.

Und ich sehe dich, Cristina, deine Entschlossenheit, deinen Figuren den notwendigen Schutz für ihre spirituelle Geburt zu geben.

Und ich höre dich sagen: „Larvata prodeo (verschleiert schreite ich voran?) auf der Bühne des Lebens, auf der ich die unauslöschliche Spur meiner Existenz hinterlassen möchte...“ (Übers. Andreas Ohlendorf)

 

Miranda Alberti

Cara Cristina,

grazie per questa nuova possibilità che mi dai di parlare delle tue opere, perché queste riescono mirabilmente ad aprire uno spazio al mio pensiero, a quella dimensione, cioè, in cui la mia anima respira in piena libertà.

È questo il nostro secondo esperimento di “pensiero figurativo” , un ambito che abbiamo scoperto insieme, uno spazio in cui la mia riflessione si lascia creativamente condurre dai tuoi colori e dalle tue forme.

Il colore:

Alla ricerca della natura e del significato di questa meravigliosa sinergia, io che preferisco esprimermi in italiano, ho scoperto una fonte d’ispirazione nella traduzione tedesca della parola “anima” = “Seele”.

E riflettendo sulla nostra “Seelenfreundschaft”, su quel legame misterioso che ci lega, scopro nascosta nella parola Seele, l’altra che ci unisce altrettanto intimamente: il “mare” = die See, quel profondo mare azzurro di Toscana che ci ha visto bambine e donne, quell’orizzonte ampio e aperto che sembra danzare costantemente davanti ai nostri occhi.

Miracolo delle parole: il mare, in tedesco, si rivela essere il primo impulso generatore dell’anima come anche del suo fonema.

 

2009 - 2 pg 38

Che sia un caso? Che sia una necessità? Non saprei dirtelo. So soltanto che per capire questa meravigliosa identità, la vita ci ha indotto a lasciare il nostro mare. Allontanandoci l’abbiamo ritrovarto interiorizzato nella nostra anima. È diventato la nostra stessa anima. Un’anima liquida.

Così come i tuoi “blu” con le loro infinite varianti azzurrine. Essi hanno dovuto “staccarsi dal mare” per poter penetrare nella carne delle tue figure, diventarne l’essenza, l’anima, appunto.

Dobbiamo essere grate a questa lingua a noi straniera che, in modo così semplice e delicato, ci ha rivelato un mistero sempre intuito, un mistero sempre inseguito…

Dal profondo del mare è nata la nostra anima di “Sirena” (un altro dei tuoi quadri più significativi), dal profondo del mare è nata la nostra capacità di guardare… un’altra affinità: guardare = sehen.

Solo una piccola “acca” separa la visione dal mare e dall’anima. Tutto, tutto sembra generarsi dal quel sussurro, da quel soffio fra le nostre labbra: see… seele… sehen…

Ma dove guardano i nostri occhi di mare?

 

La forma

Guardando le tue figure, quelle che più mi ispirano, non posso non pensare alla “maschera” e con essa “s’invola il mio pensiero”… Inquietanti e potenti figure femminili che portano maschere totalmente chiuse in se stesse, altre da cui emergono occhi lungimiranti.

Dove mi porta questo simbolo tormentoso? Lontano, oltre l’estetica del Carnevale di Venezia, oltre la poetica pirandelliana… lontano in un passato etrusco che di nuovo ci unisce.

In quel lontano passato la maschera portata dall’attore in teatro veniva chiamata “persus”, i latini la trasformarono in “persona”e in seguito prese il significato di “individuo”.

Spesso mi sono domandata quale rapporto esista fra la “maschera” e la “persona”, nel senso in cui usiamo oggi questa parola.

In che misura la “maschera” è stata ed è in grado di “partorire” l’essere umano nella sua complessità e interiorità? In che misura la “maschera” è necessaria a questo processo?

Oscar Wilde scrive: “L’uomo è meno vero quando parla della sua stessa persona. Dagli una maschera, ed egli vi dirà la verità”.

Perché l’uomo ha bisogno di una maschera per dire la verità, per essere autenticamente se stesso?

Sembra essere una contraddizione: nascondersi per rivelarsi, coprirsi per spogliarsi, chiudersi per aprirsi…

La maschera sembra avere una doppia funzione. Da un lato nasconde e simula, dall’altro vela, adombra e protegge. Soltanto in quello spazio custodito l’uomo può sviluppare la propria interiorità, la propria irripetibile unicità spirituale.

Questo è quello che io vedo nelle tue figure femminili. Chiuse dentro le loro maschere esse sono intente a partorire la loro nuova identità.

Sono figure che sprigionano la forza di un’indomita resistenza contro un mondo ormai passato, che ha voluto negare loro l’anima e la dignità d’individuo.

E vedo te, Cristina, decisa a dare alle tue figure quella protezione necessaria alla loro nascita spirituale.

E ti sento dire: “Larvata prodeo* sulla scena della vita su cui voglio lasciare l’impronta indelebile della mia esistenza…”

Miranda

*Frase attribuita a Cartesio difficile da tradurre e dal significato misterioso: coperto (velato) avanzo (cammino)…

 

(2009-2 pag 38)

 



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