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Categoria: Sport
Pubblicato Lunedì, 13 Dicembre 2010 15:54

Una serata tra calcio e storia con i ragazzi della Gigi Meroni

La Gigi Meroni, italianissima società calcistica nel cuore di Monaco, ha già aiutato generazioni di nostri connazionali a sentirsi un po’ meno lontano da casa

"Gigi Meroni" ist ein italienischer Sportverein, der seit über 40 Jahren als Stern am Münchener Fußballfirmament leuchtet. Strahlend vor allem als Beispiel für Integration, die direkt auf dem Speilfeld wächst und in einer universellen Sprache, nähmlich der des runden Leder gesprochen wird, und die, wie es scheint, sehr gut verstanden wird.

Fabio D'Agostini e Daniele Verri

È una tiepida serata di fine agosto qui a Monaco. Dodici spettatori si apprestano ad assistere ad un incontro della “C-Klasse” tra l’US Gigi Meroni e l’SV Germering.

Undici, tra i giocatori in campo, ed alcuni che palleggiano ai bordi dello stesso con i figli, indossano una maglia granata, proprio come quella che fu di Luigi Meroni, la farfalla granata, uno dei più grandi talenti che la storia del calcio italiano ricordi. Un ragazzino che dal cortile della casa natale a Como è arrivato al Torino di Nereo Rocco e ne è diventato il giocatore di maggior richiamo. Un’ala, forse una mezza punta o un trequartista, uno di quei talenti che sfuggono alla tassonomia classica della tattica calcistica. Un beat, un capellone che sfidava non solo arcigni difensori sul campo, ma anche il conformismo di un’Italia irrigidita e conservatrice. Un’ala leggera come una farfalla, irriverente nel dribbling secco come negli atteggiamenti pubblici.
Stopper gelatinati e giornalisti infeltriti hanno speso ore del proprio lavoro ad inseguirlo, ma Gigi sembrava più veloce del suo tempo e troppo sfuggente per tutti. I giovani, ovviamente, lo eleggevano ad idolo. “Era un simbolo di estri bizzarri e libertà sociali in un paese di quasi tutti conformisti sornioni”, disse di lui il grande Brera. Il passaggio dalla genialità del suo essere calciatore e personaggio alla leggenda avvenne con il sigillo della tragedia, come sempre accade nella biografia dei più grandi.
Il 15 ottobre 1967, Meroni fu travolto ed ucciso da una macchina in Corso Umberto a Torino, dove ancora oggi un cippo ricorda l’incidente e dove il popolo granata non fa mai mancare i fiori freschi in memoria del suo numero 7. Passò così nella leggenda del calcio italiano e nella storia del nostro costume, simbolo tragico di una generazione che iniziava a chiedere spazio.

E di generazioni ne ha fatte crescere e maturare dentro e fuori dal campo la stessa maglia granata dell’Unione Sportiva Gigi Meroni di Monaco, fondata nel 1970 dal compianto Presidente Angelo Canale, grande tifoso del Toro.

Ebbene, se spesso si abusa dell’immagine un po’ stereotipata di Monaco quale “città più a nord d’Italia”, proprio qui e stasera si potrebbe cercare un pezzo di questa storia d’integrazione ed emigrazione, perché no, a partire dal rettangolo di gioco. La Gigi Meroni gioca da ben 38 anni nel campo del MTV 1879 München, dalle cui costole nacque nel 1900 il Bayern Monaco, la più titolata squadra della Bundesrepublik. Ancora oggi, pur giocando in un luogo storico del calcio bavarese, la Meroni è una squadra fiera della sua identità. Un’italianità non solo formale ma vissuta. L’esistenza di questa isola, di questo specchio della nostra storia d’emigrazione è dovuta al duro e costante lavoro di una dirigenza che è garanzia di continuità col passato.

Tra tutti, Rocco Tirone, presidente della squadra dal 1976, arrivato in Germania dalla Basilicata nel 1963. Nonostante i problemi legati alla non sempre facile gestione finanziaria della società ed alla difficile reperibilità di nuovi giocatori italiani, il tenace ed esperto Presidente non intende mollare un millimetro. La Meroni è infatti decisamente di più di una squadra di calcio, come lo stesso Tirone sottolinea:” La Meroni offre il suo modo di pensare e di vivere, la Meroni è abituata ad integrare quello che lui [ogni ragazzo] pensa da italiano nella società tedesca.”

Con tutti questi problemi, Tirone sa quanto sia indispensabile l’apporto di un magazziniere tutto fare come Pasquale Favuzzi. Pasquale, Pugliese di nascita, aiuta i ragazzi in tutto, ordina le maglie, tiene le chiavi degli spogliatoi ed è una stupenda memoria storica di una decennale cavalcata calcistica e dell’epopea di un’immigrazione, quella dei GastarbeiterGasthaus. Voleva solo seguire l’incontro Italia - Corea del Nord valido per i mondiali inglesi. Ma quella era un’altra Germania e Pasquale se ne restò fuori. Quella tragica partita segna uno dei punti più bassi dell’integrazione di Pasquale in Germania e della storia calcistica degli azzurri. Anche Gigi Meroni in quell’occasione restò fuori: nonostante un eccellente stato di forma, non fu fatto scendere in campo dal CT Fabbri. Sostenne la stampa di allora che fu il taglio di capelli alla Paul McCartney a costargli il posto in squadra. Anche l’Italia, all’epoca, era diversa. italiani. Pasquale si ricorda di quando, il 19 luglio 1966 non gli fu consentito, in quanto italiano, di entrare in una

Raffaele Sbodone, direttore sportivo casertano con passati da allenatore delle giovanili del Bayern, ci ricorda giustamente che la Meroni è anche una società di calcio di tutto rispetto. La prima squadra lo scorso campionato ha raggiunto il quinto posto in A-Klasse ed ora punta in alto: “Quest’anno vogliamo fare meglio del quinto posto, siamo più forti dell’anno scorso.” Ma Roberto Scalese, allenatore calabrese della prima squadra frena ed esprime ciò che anche senza parole aleggia nell’aria: “Sono sotto pressione, ma non c’è malcontento. Conosco tutti i ragazzi, abbiamo giocato tanti anni insieme. È un grosso impegno, due allenamenti più partita la domenica, sono qui per il gruppo di amici.”

Ci raggiunge infine anche Donato Valente, allenatore della seconda squadra che esce proprio ora perdente dal campo ma con l’onore delle armi. In due parole snocciola lo spirito del club: “Vengo dalla Basilicata, lavoro in posta, porto pacchetti. Prima ero giocatore, ora sono stato quasi costretto a fare l’allenatore, sennò giocavo ancora. C’era bisogno di allenatori e quindi ho dato una mano.” Questo è il vero football, quello che sicuramente anche lo stesso Meroni preferiva.

Abbiamo davanti a noi un vero spaccato di storia dell’immigrazione, della quale facciamo parte anche noi. La Meroni ed i suoi protagonisti, così veraci, sono per noi molto di più di una squadra di calcio. Il pallone è di certo il veicolo che hanno scelto per stare insieme, per mantenere un'identità, ma quello che poi rimane di importante sono proprio l'identità stessa ed il bagaglio d'esperienza accumulata. La nostra mente corre all'immigrazione con la I maiuscola, quella degli anni Cinquanta-Sessanta, quella della prima generazione di connazionali venuta in Germania, così diversa nel tempo e nei modi da quella che abbiamo conosciuto noi redattori di quest'articolo.

Per citare le parole del presidente, “La nostra immigrazione è stata completamente diversa dalla vostra, noi negli anni Sessanta abbiamo lavorato il terreno per voi, che invece avete trovato tutto pronto.” Cercheremo di utilizzare quindi un metodo valido, cosa rara al giorno d’oggi, per tutte le stagioni: leggere il passato per capire il presente. Per noi Italiani, figli di una terra che negli ultimi vent’anni ha fatto del non pensare un modus vivendi, una cosa tutt'altro che scontata. Beh, forse nemmeno a noi c’è stato proprio regalato tutto, ma di certo la nostra esperienza non è stata così traumatica come quella dei nostri connazionali giunti nei decenni precedenti.

L’Italia e la Germania sono notevolmente cambiate nel corso degli ultimi 50 anni: il boom economico, gli anni Sessanta della beat generation che così tanto aveva influenzato lo stesso Meroni anticonformista, la rivoluzione sessuale, la guerra fredda, la globalizzazione. La Germania, molto più dell’Italia, è diventata un paese europeo nel vero senso della parola. Ciò ha consentito a noi “nuovi” immigrati di incontrare Tedeschi che, pur se non sempre compagnoni, non ci hanno mai impedito di entrare nei loro locali. Anzi, ci hanno fin messo il publing viewing nei Biergarten, per attirarci. Quanta strada fatta da quel 19 luglio 1966.

Pensiamo che le ore trascorse con i signori della Meroni siano servite molto di più a noi che a loro. Rocco, Pasquale e tutti gli altri hanno avuto la possibilità di raccontare la loro storia, oltre le linee che delimitano un terreno di gioco. A noi invece hanno fornito la chiave per rileggere la nostra esperienza di Italiani all'estero, che in tante circostanze ci è sembrata così dura, ma che filtrata dalla loro ora ci sembra una mezza passeggiata, piena a volte di pretese e di desideri, peraltro spesso soddisfatti.

È incredibile quanto sia stato fatto per noi, a nostra insaputa, da gente che questa sera conosciamo quasi per caso attorno a un tavolo, nella migliore tradizione italiana. Dal calcio alla storia und zurück.

Pagato il conto, in una pioggerella insistente che invece ha tutto della migliore tradizione tedesca, ci salutiamo. Con una certezza però: che il lavoro svolto dai ragazzi della Meroni non è stato inutile, anzi ha aiutato e continua ad aiutare, direttamente ed indirettamente, tutti gli italiani in Germania come noi. Il nostro invito è quindi il seguente: venite a scoprire una solida realtà che merita tutta la vostra attenzione. E che ogni domenica, in modo molto pragmatico, garantisce che il processo di formazione dell’Europa proceda in maniera inarrestabile.

(2008-4 pag 27)

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