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Der jazzige Lebensweg von Alessandro de Santis

Der Tenorsaxophonist ist leidenschaftlicher Musiker mit Liebe zu seiner Wahlheimat München

Un romano scopre a Bari la sua passione per il jazz, ma non le persone con cui condividerla. Si innamora di una monacense e di Monaco dove, dopo qualche difficoltà iniziale, trova l’ambiente giusto per potersi dedicare alla sua passione, anche professionalmente.

Kirsten Ossoinig

Alessandro de Santis ist Vollblut-Jazzmusiker durch und durch. Aufgewachsen ist der gebürtige Römer in Bari. Dort gab es für ihn in seiner Musikrichtung nicht so viele Möglichkeiten. Er verliebte sich in eine Münchnerin und  kam so in den achtziger Jahren nach Deutschland. Mangelnde Sprachkenntnisse und die fehlende Beziehung zur Münchner Jazz-Szene machten es de Santis am Anfang schwer, in München Fuß zu fassen. Seine Leidenschaft zur Musik half dem Tenorsaxophonisten jedoch, die Schwierigkeiten zu überwinden. Mittlerweile ist Alessandro de Santis ein „glücklicher Wahlmünchner“ und hat in verschiedenen Band-Formationen der Isarmetropole Jazz gespielt. Im Moment ist er mit der Band „I Soulisti“ an Münchner Veranstaltungsorten unterwegs. Die Musiker spielen groovigen Jazz-Soul-Sound der sechziger Jahre, unter anderem im „Mariandl“, der „Unterfahrt“, im „Kaffee Giesing“, im „Mister B`s“ und in der Schrannenhalle. Für Interventi erzählt Alessandro de Santis von seinem jazzigen Lebensweg.

Interventi: Was war für Dich der Punkt, an dem klar war, dass Du Jazz-Musiker wirst?
Alessandro de Santis: In Sachen Jazz war ich ein „Spätentwickler“. Wie alle anderen Jugendlichen hatte auch ich meine Diskophase und in meiner Clique wurde überhaupt kein Jazz gehört. Zufällig habe ich dann irgendwann einmal in einer Radiosendung den amerikanischen Pianisten Oscar Petersen gehört – das war für mich wie ein Schock.

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Un contagio emozionale

Intervista al baritono trentino Armin Kolarczyk

In Trient geboren, wuchs der Sänger zweisprachig - italienisch und deutsch - auf. Zunächst studierte er Violine am Konservatorium in Trient mit Studienabschluss im Jahr 1986. Ein Jahr später begann er das Gesangstudium bei Ada Zapperi in München. Es wurde ergänzt durch den Besuch verschiedener Meisterklassen unter anderem bei Erik Werba und Giuseppe Taddei. Parallel widmete sich Armin Kolarczyk dem Studium der Rechtswissenschaften, welches er 1992 an der Universität Innsbruck erfolgreich beendete. Nach dem juristischen Examen wurde der Gesang zu seinem Schwerpunkt.

Maria Cristina Picciolini

“Realizzare noi stessi significa essere coscientemente collegati con la nostra sorgente di vita. Una volta che abbiamo compiuto questo collegamento, niente può più andarci storto”.

(Swami Paramananda)

Siamo andati nel Baden Württemberg ad intervistare il baritono Armin Kolarczyk. Con un cognome straniero, ma con uno spirito e un temperamento puramente italiano e, soprattutto, con un grande amore per l’Italia. Nato a Trento dove ha passato la sua giovinezza, fa parte dell’ensemble del Teatro dell’Opera di Karlsruhe.

 

INTERVenti (IV): Ciao Armin, che piacere rincontrarti. E soprattutto in occasione della presentazione del Don Carlo. Prima d’intraprendere la nostra chiacchierata vorrei che tu ci togliessi subito una curiosità. Il tuo cognome, Kolarczyk, non è che suoni proprio italiano. Ci vuoi raccontare brevemente da dove viene?
Armin Kolarczyk (AK): Certo capisco la tua curiosità e ti chiedo scusa se sorrido mentre ti rispondo. Infatti questa è la solita domanda che mi fanno ogni volta che mi trovo in Italia. Ho ereditato questo cognome da mio nonno.

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Una tastiera ”impegnata“

Intervista alla pianista catanese Serena Chillemi

Serena Chillemi, Pianistin aus Catania, lebt und spielt seit 2004 in München. Sie hat zahlreiche Auszeichnungen bekommen und ist in der bayerischen Hauptstadt nicht nur beim italienischen Publikum sehr populär. Neben der Musik engagiert sie sich mit ihrem Projekt „L'altra Italia“ im Kampf gegen die Mafia.

Laura Martegani

INTERVenti (IV): Da Catania a Monaco è un bel salto. La decisione di venire a Monaco è stata dettata da un desiderio personale oppure dalla possibilità di perfezionarsi al Conservatorio Richard Strauss?
Serena Chillemi (SC): La decisione è sicuramente stata dettata dal fatto di poter studiare al Conservatorio Richard Strauss. In Italia avevo conseguito il diploma al Conservatorio Antonio Scontrino e volevo continuare a studiare.

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Tra le rive del Tevere e i prati dell'Holledauer

Intervista all’artista romano Antonio Cigna

Seit über 25 Jahren lebt und wirkt der Römer Antonio Cigna in Bayern. Sein besonderes Interesse galt stets dem Klassizismus, welcher sich auch in seinen Werken widerspiegelt. Er verfeinerte seine Techniken und bereicherte sie in seinen Grundelementen, behielt aber dennoch immer die wesentlichen Grundzüge bei. Das Ergebnis ist der „Magische Realismus“, den ihn bereits Luciano Arcella bestätigte.


Gianni Minelli

„Im Magischen Realismus wird die Gegenwart in eine einzige Realität eingeschlossen. Er verwandelt sie in einen nicht zu durchlaufenden Raum, in einen Zeitabschnitt, der

geschichtlich nicht einzuordnen ist; das zeigen insbesondere Cignas Bilder, wie „Piazza

Antica“, die sowohl von ihrer eigentlichen Ungebung als auch von ihrer Aktualität losgelöst sind, eingetaucht in wässriges Licht, ein Raum ohne menschliche Elemente, da er in seiner Dichte undurchdringbar ist“. (Prof. Piero Roselli)“

Siamo andati a trovare a Pfaffenhofen, a nord di Monaco e nel cuore della zona di coltivazione del luppolo, l’artista Antonio Cigna, 61 anni, romano. Antonio ci ha raccontato la sua esperienza artistica e personale in Germania e di come auspicherebbe un maggiore sostegno e collaborazione da parte delle istituzioni italiane per l’arte italiana in Baviera.
INTERVenti (IV): La domanda di rito, Antonio. Da dove, quando e perché sei venuto in Germania?

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Due personaggi in cerca d’autore

Intervista al gruppo teatrale Primaopoi

Die Münchner Theatergruppe “Primaopoi” wurde 2001 auf Initiative von Giulia Costabile und Stefano Fanni gegründet. Durch ihre Leidenschaft zum Theater gelang es den beiden, in kurzer Zeit eine Gruppe zusammenzustellen, die inzwischen in München sehr bekannt ist. Ihre jüngste Aufführung, „All’ombra del sambuco“ (Am Schatten des Holunders), unter Regie von Marco Pejrolo, hatte bereits großen Erfolg und begeisterte Zuschauer. Und zwar dank Improvisation, durch die das Werk eine atypische Erzählung mit außerordentlicher Aktualität ist.

Sasha Deiana

Lunedì 27 aprile si è tenuto presso il Gut Nederling Theater di Monaco il debutto dello spettacolo teatrale “All’ombra del sambuco”, scritto da Marina Joffreau e messo in scena dalla compagnia Primaopoi.

Primaopoi è un gruppo teatrale italiano che dal 2001 diletta il pubblico bavarese con rappresentazioni fresche, imprevedibili e sempre ricche di novità.

Siamo andati a conoscere più da vicino i fondatori della compagnia: Giulia Costabile, Stefano Fanni ed il regista Marco Pejrolo.

 

INTERVenti (INTERVenti): Giulia, come hai conosciuto Stefano e da cosa è nata l’idea di formare una compagnia teatrale?
Giulia Costabile (GC): Conobbi Stefano nel 2000 durante uno spettacolo messo in scena da alcuni colleghi francesi.
Io avevo concluso una lunga esperienza teatrale all’interno di un gruppo amatoriale, alla quale lo scioglimento del gruppo aveva posto fine e proposi a Stefano di creare una compagnia insieme a me, una compagnia che recitasse in lingua italiana. Stefano ne fu subito entusiasta. Dopo alcuni mesi mi contattò per definire meglio il nostro progetto. Spargemmo la voce tra colleghi ed amici e le risposte non tardarono ad arrivare; in molti si offrirono: come attori, come tecnici delle luci, tecnici del suono, truccatori e costumisti.

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Tra finito ed infinito

“Vitalität mediterranen Farben und Skulpturen”, intervista a Serio Digitalino

Unter dem Titel „Vitalität mediterraner Farben und Skulpturen” findet noch bis März die aktuelle Vernissage von Serio Digitalino statt. Im Interview verrät uns der Künstler, warum ein gewisser Optimismus notwendig und weshalb ein Werk vollkommen sein kann, obwohl es noch nicht fertig gestellt ist.

Ester Sposato

Incontro Serio Digitalino all’AOK (Landsberger str 150-152), sede dal 19.11.2008 al 31.03.2009 della mostra “Vitalitat Mediterranen farben und Skulpturen”.

Colpisce soprattutto la varietà dei lavori che denota la volontà di sperimentare: materiali differenti, tecniche diverse. I quadri si presentano come composizioni astratte dai colori ricorrenti (elemento, penso, determinante per il titolo dell’esposizione). Spesso si snoda al centro del quadro una o più linee fluide, mai geometriche, dai colori forti, su cui si concentra lo sguardo. Le sculture, altrettanto varie nei temi e nei materiali, paiono più ludiche, come se qui l’artista si fosse davvero divertito a plasmare le sue fantasie.

E Serio mi viene incontro, con tanto di cappello, sorridendo. Cominciamo subito a parlare delle opere, seguendo lentamente il percorso espositivo che le suddivide in cicli.


INTERVenti (IV): Serio, hai lasciato l’Italia nel ’77: come ti ha accolto la Germania, è stato difficile cominciare la carriera qui?

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“Imparare la vita”

Intervista a Sante Recca

Der Künstler aus Senigallia (Provinz von Ancona / Marken) lebt seit fast 30 Jahren in München, das er als seine zweite Heimat bezeichnet. Recca arbeitet in verschiedenen Bereichen der Kunst, wie Skulpturen schaffen, Keramik und Malerei, schreibt Gedichte und macht Musik. „Zentrales Thema meines Schaffens ist der Mensch in seinem Verhältnis zu Natur und Gesellschaft. Mit meinen Arbeiten will ich den Verlust der Verbindung zwischen Körper und Geist darstellen. Meine Kunst verstehe ich als experimentelle Suche, als ein Lernen: Das Leben lernen“

Gianni Minelli

Siamo andati a trovare Sante Recca nel suo attrezzatissimo atelier di Gräfelfing presso Monaco, dove l’artista crea le sue sculture con diversi materiali, tra cui l’alabastro ed il marmo, lavora la ceramica e dipinge. Recca ha pubblicato anche due libri di poesie, organizza serate musicali in alcuni locali di Monaco, dove canta e suona la chitarra, e fa parte della ristretta cerchia degli artisti italiani di Monaco professionisti.

 

INTERVenti (IV): Sante, raccontaci un po’ di te. Che cosa ti ha portato in Germania?
Sante Recca (SR): Sono nato nel ’49 a Senigallia, in provincia di Ancona. In Germania sono venuto per la prima volta nel ’79: allora ebbi l’opportunità di presentare a Ismaning una mostra di fotografie. La mostra ebbe successo e trovai subito molta risonanza alla mia attività artistica. La Germania mi piacque molto e poi m’innamorai, così che rimasi qui fino all’’85, quando tornai di nuovo in Italia.

 

(IV): Ancora non era venuto il momento per rimanere definitivamente?
(SR): Infatti, ma non tornai a Senigallia, dove ho ancora tutta la mia famiglia, ma a Fano. Qui continuai la mia attività artistica mentre la mia donna aveva aperto in questa città un negozio di scarpe.

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Dal Golfo di Napoli al Mar del Tonchino

Giuseppe Del Duca, tenore napoletano residente da più di vent’anni a Monaco, ci racconta la sua esperienza professionale nel Sudest asiatico a bordo di una nave da crociera della linea Costa

Giuseppe Del Duca, Tenor aus Neapel mit Wohnsitz seit über 20 Jahren in München wohnt, war beruflich vier Monate auf einem italienischen Kreutzfarhtschiff in Südost Asien unterwegs. Für INTERVenti berichtete er über Erlebnisse und Erfahrungen, die er in dieser Zeit gesammelt hat.

Gianni Minelli

INTERVenti (IV): Giuseppe, sei stato quattro mesi nel Sudest asiatico a bordo di una nave da crociera a cantare e a fare il turista. Siamo curiosi di sapere com’è andata e dove sei stato di preciso.
Giuseppe Del Duca (GDD): Siamo partiti il 22 maggio da Hong Kong ed abbiamo fatto i primi due giri di 15 giorni toccando Manila, Borneo, Brunei, Singapore, Vietnam e di nuovo Cina. Dopo di che abbiamo cambiato rotta e siamo andati a Taiwan, nel Sud Corea, e poi in Giappone, Tokio, Kobe, Nagasaki, Fukuoka ed infine di nuovo in Cina a Taingin. Negli ultimi due mesi abbiamo avuto solo ospiti cinesi e siamo andati da Shangai in Sud Corea, in Giappone e di nuovo a Shangai. In tutto ho fatto quattro mesi di esperienza sulla nave “Costa allegra“.

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Dare una faccia all’anima

Intervista all’artista Enzo Arduini

Seit knapp 30 Jahren ist Enzo Arduini als freischaffender Künstler tätig. Er verwirklicht aufgrund seiner klassischen Ausbildung und der ständigen Suche nach neuen Möglichkeiten seine künstlerischen Ideen mit völlig unterschiedlichen Materialien und Techniken. Dabei verwendet er unter anderem Marmor, Bronze, Silber und Gold. Er schnitzt Holzskulpturen, malt mit Ölfarben und fertigt Keramikobjekte. Unabhängig von der Wahl des Werkstoffs beschäftigt sich Enzo Arduini bevorzugt mit dem Thema Mensch.
Bei seinen Gemälden tauchen Figuren auf, deren Umrisse mit schwungvollen Pinselstrichen konturiert sind,
Gesichter zeigen sich expressionistisch reduziert. Seine Skulpturen sind von klaren Körperlinien geprägt, sie erhalten durch die künstlerische Betonung der jeweiligen Materialeigenschaft eine Licht-Schatten-Modulierung. Farben dienen plötzlich nicht mehr nur der Kolorierung, sondern erhalten eine eigene Aussagekraft. Sie drücken eine Sehnsucht nach Wärme und Geborgenheit aus, oder aber sprechen von erfrischender Lebendigkeit. Enzo Arduinis Kunst wirkt nie bedrückend, eher noch geheimnisvoll und feierlich.
Unaufdringlich laden seine Werke zu einem Gedankenspaziergang über sich und seine eigene Welt ein. Gefühle werden
angesprochen, Stimmungen zum Klingen gebracht, ohne dass der Betrachter sich bedrängt oder überrollt fühlt. Arduini gestaltet nach außen hin sichtbare Kunstwerke, die man nach innen zu seinem eigenen Ich schauen lassen. Der Vollblutkünstler gestaltete als Siebzehnjähriger sein erstes 20 Quadratmeter großes Wandgemälde in einer Schule in Frosinone unter der Leitung von Professor Giuseppe Modica. Er absolvierte eine professionelle Ausbildung in Malerei und Bildhauerei in Rom. (Dr. Barbara Haubold)

 

M. Cristina Picciolini


C’è anche un numero dei sentimenti dell’anima e della virtù mediante il quale l’anima è tenuta lontana dalla deformità della stoltezza e ricondotta alla forma e alla bellezza della sapienza, e c’è anche un peso della volontà dell’amore.
(Sant’Agostino, De Genesis ad litteram)

La ricerca del pittore e scultore Enzo Arduini viaggia da trent’anni sull’espressione e sul colloquio con l’uomo come unione e reciproca relazione tra anima e corpo.In questo tempo che scorre velocemente Enzo osserva i particolari che lo circondano e li sintetizza in pennellate forti e decise. Coglie l’attimo e lo trasforma in riflessione.

L’esperienza scultorea, complessa, densa, non solo materica, ma compatta anche nella sua marmorea fibra poetica ed addirittura nella sua rocciosa forza mentale, diventa all’improvviso leggera e trasparente, forte e invincibile.

 

Le sue forme, apparentemente dolci e rotonde, sembrano rispecchiare un pensiero che si è sposato con la sua forma ideale.

Silenzioso artigiano, paziente levatrice della forma, chiude il sentimento nel pudore, sigillato nel silenzio d’un affetto, come nel ricordo della “musa addormentata” di Brancusi.

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“Non mi faccio condurre, conduco”
(motto di San Paolo del Brasile)

Intervista all’artista italo-brasiliana Iara Simonetti

Seit 1988 lebt Iara Simonetti in München, wo sie schon seit einigen Jahren eine neue Kunstform für sich gefunden hat: Eine Mischung aus Bildhauerei und Malerei, die sie bis heute immer weiter entwickelt.

 

M. Cristina Picciolini

Quando mi apre Iara Simonetti, nel suo atelier am Glockenbach numero 13, la riconosco subito dal suo caldo sorriso e dalla sua aria modesta, quella che mi aveva già presentato alla Galerie Goethe 53, qualche anno prima.
Entro, e mi accomodo in questa officina-studio, piccola, e con mia sorpresa, severamente ordinata. Non ci sono quadri appesi, non si trovano pennelli sporchi o tavolozze accese di colori, come solitamente si trova negli studi degli artisti, ma c’è la solida presenza di due tavoli, una tenda che sembra offrire riservatezza all’opera compiuta e qualche schizzo a carboncino, preparato per la realizzazione dei suoi personaggi, ancora senza identità.

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Mezzo secolo da Gastarbeiter

Intervista a Giuseppe Tumminaro

Wir stellen in dieser Ausgabe von INTERVenti einen italienischen Gastarbeiter vor, der vor 49 Jahren aus Sizilien nach München kam. Er erinnert sich im Gespräch an sein Leben in Deutschland. Porträt eines Menschen, der sich durch seine Ehrlichkeit und seinen Fleiß den Respekt von Deutschen und Italienern verdient hat.

Pasquale EpiscopoGiuseppe Tumminaro

Marianopoli è un piccolo paese situato nel cuore della Sicilia a settecento metri di altezza, sui monti della provincia di Caltanisetta. Giuseppe Tumminaro vi è nato 77 anni fa. “Allora ci vivevano cinquemila persone. Oggi la gente comincia a scarseggiare, saranno 1200 abitanti, (…) molte case sono vuote, molte strade silenziose. Dopo la guerra molti compaesani hanno lasciato la propria terra e se ne sono andati; molti, clandestinamente, sono arrivati in Svizzera, o in Francia. Io volevo andare in Germania.”E così è stato. Da quasi cinquant’anni Giuseppe Tumminaro vive a Monaco. Molti suoi connazionali lo conoscono. Almeno di vista. Il signor Giuseppe frequenta convegni e conferenze e partecipa con interesse alle manifestazioni culturali che la comunità italiana organizza. Il 24 luglio scorso, alla Festa di INTERVenti presso l’Istituto di Cultura, c’era anche lui. Mi sono presentato e gli ho chiesto se fosse disposto a rilasciare un’intervista. Qualche giorno dopo ci siamo incontrati in un bar del suo quartiere.

 

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Dell’armonia e altre cose

Un colloquio con il pianista Fabio Romano

Der sizilianische Pianist Fabio Romano war ein musikalisches Wunderkind und wurde bereits mit 19 Jahren Dozent für Klavier am Konservatorium Vincenzo Bellini in Palermo. Nach München kam er 1992 und entschloss sich hier Musik noch mal zu studieren. Seit Oktober 2004 ist er Dozent für Klavier an der Hochschule für Musik und Theater München.

Rosanna Ricciardi

Chi scrive ha conosciuto Fabio Romano un pomeriggio di due autunni fa, ad un tavolino del caffè della Glyptothek. Poco prima di chiedergli cosa facesse quando non era lì capitò che lui, in quel periodo in cerca di casa, si appuntasse delle informazioni riguardanti un annuncio sulla SZ e capitò che uno dei presenti, osservandolo, gli chiedesse: «Ma tu sei musicista?».
Ecco: Fabio Romano, pianista, scrive metrature di case e numeri di telefono come se fossero note, tamburella sul tavolo come se ripassasse diteggiature e si emoziona spesso quando ci racconta del suo rapporto indissolubile con la musica, due estati dopo quel primo incontro, all’Hofgarten del Caffè Tambosi. La serata è estremamente - e piacevolmente, per due che vengono dal sud – calda, ma, da gente di mare che mare più non ha, entrambi sappiamo che cielo livido e afa e vento improvviso sono forieri di buriana-Gewitter, ma entrambi decidiamo di goderci il privilegio non scontato di poter stare all’aperto a Monaco finché non inizia a piovere.

INTERVenti (IV): Fabio, domanda di rito: a quando risale l’incontro con il pianoforte?

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Una grande passione

Intervista al tenore napoletano Giuseppe Del Duca

Giuseppe Del Duca, neapoletanischer Tenor in München, ist ein wahrer „figlio d’arte“. Geboren wurde er im Herzen von Neapel, dem rione Mercato, wo viele seiner Verwandten als Sänger und Mandolinenspieler ihre Lieder in den Gassen, in Theatern und auf Plätzen verkündeten. Seit fast 20 Jahren lebt der Künstler in Deutschland und ist nun auch in seiner Wahlheimat bekannt.

Gianni Minelli

INTERVenti: Giuseppe, ma tu la canzone napoletana ce l’hai proprio nel sangue?
Giuseppe Del Duca: Sì, già da piccolissimo  sentivo sempre cantare mia madre mentre faceva i lavori di casa. Mio nonno era anche lui un appassionato tenore e organizzava insieme ai suoi quattro figli rappresentazioni musicali anche a Roma. I miei zii lo accompagnavano alla chitarra, alle percussioni e al mandolino, mentre intanto un altro zio faceva la macchietta. Mio padre non cantava, ma era anche lui un appassionato di musica napoletana. Da lui ho imparato moltissimo sulle correnti musicali e sui personaggi. Un amico di famiglia fu il mio maestro quando stavo a Napoli.

IV: E a Monaco?
Del Duca: Qui sono venuto quando  avevo 21 anni. A Monaco ho avuto la fortuna di diventare allievo di Giuseppe Boraros, tenore italo ungherese e maestro di interpretazione tra gli altri di Brendel, che mi ha seguito per 10 anni. All’inizio del mio soggiorno ho lavorato prima in un caffè della Residenzstrasse e poi in un negozio di articoli musicali proprio accanto al Nationaltheater dove mi occupavo del reparto di musica classica: in questo modo ho avuto la possibilità di conoscere di persona i grandi cantanti che venivano a cantare a Monaco, come William Matteuzzi, Piero Cappuccilli e Wolfgang Brendel. Inoltre avevo libero accesso alle quinte del teatro: per diversi anni non mi sono perso quasi nessun concerto.

IV: Allora non è stato difficile inserirti nella scena artistica di questa città?

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