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L'arte di fare la guerra

Il guerriero di Capestrano messo in scena da Mimmo Paladino

Licht- und Schattenspiele heben das Besondere der Grabstatue "Krieger von Capestrano" hervor:
Mit diesem Prunkstück präsentiert sich die neue Ausstellung des bedeutenden Vertreters der Transavantgarde-Bewegung Mimmo Paladino im Archäologischen Nationalmuseum in den Abruzzen.

Concetta Martuccio

Monaco di Baviera, 10 ottobre 2011.
Una nuova sala del Museo archeologico nazionale d’Abruzzo a Chieti è stata di recente allestita dall'artista sannita Mimmo Paladino per ospitare la statua del guerriero di Capestrano. Opera scultorea unica nel suo genere, al di fuori della tradizione greca e romana, rappresenta anche una testimonianza delle eccellenti qualità artigiane dei popoli italici. Gentes fortissimae Italiae -come citava Plinio - erano le bellicose tribù che abitavano l’Italia fino alla conquista romana e che includevano i Piceni, cui apparteneva il guerriero, i Vestini, i Marrucini, i Sanniti e altri. L'opera dalle dimensioni imponenti impressiona, oltre che per il valore artistico in sé, per il mistero che l’avvolge. Le armi di offesa e difesa indossate fanno pensare a un guerriero, ma il copricapo, la corporatura massiccia ed una probabile maschera sul viso suggeriscono piuttosto un capo tribù di rango elevato, venerato come un semidio.

La statua vigilava il luogo di sepoltura dove, oltre al guerriero, sono stati trovati altri reperti; una statua femminile nota come "La dama di Capestrano", probabile consorte o figlia del guerriero, testimonia la notevole considerazione in cui erano tenute le donne. Poiché i luoghi di sepoltura di molte tribù italiche si trovavano ai confini con i popoli vicini spesso nemici, la presenza in tali luoghi di statue di guerrieri da cui emana una forza quasi soprannaturale serviva a dissuadere dall’intraprendere azioni bellicose. Il guerriero era un capo valoroso dunque, ma anche un semidio che incuteva rispetto e venerazione perché, oltre a guidare il suo popolo nelle battaglie in campo aperto, dava la forza per vincere le avversità, per aver fiducia nei frutti della terra e ne costituiva l’identità in cui riconoscersi come gruppo coeso e anche probabilmente come individui.

Il nuovo spazio espositivo in cui è possibile ammirare il guerriero è una sala ellittica con le pareti incise di simboli arcaici e un’illuminazione da palcoscenico, disegnata da un artista della transavanguardia italiana non nuovo nel creare affascinanti commistioni tra archeologia e quotidianità urbanistica. L'ancestralità e il moderno si fondono insieme nelle opere di Mimmo Paladino e fanno rivivere capolavori dell’antichità aggiungendo valori simbolici e metafisici che vanno oltre il loro valore artistico. L'obiettivo di valorizzare i capolavori dell'antichità anche al di fuori del contesto museale è stato pienamente raggiunto, l'ombra proiettata sulle pareti ci fa entrare in punta di piedi, per non disturbare la scena che si sta svolgendo e che è facile immaginarsi al cospetto dell'opera. Il guerriero parla al suo popolo, lo incita alla fierezza e alla ribellione. Siamo affascinati anche da qualcos'altro però, che stimola la nostra immaginazione, come il chiederci che cosa in realtà renda questa figura così suggestiva, qual è il segreto della sua forza e perché è ancora bello da ammirare dopo tanti secoli. Paladino spiega: "Ho voluto quasi depurare il Guerriero dal significato che lo determina storicamente e che lo data. Chi lo guarda ne deve trarre suggestioni che vanno al di là della sua collocazione cronologica. Secondo me l'opera d'arte deve educare il gusto al guardare. Così ho tentato di aggiungere un altro valore al valore stesso dell’opera, per darle modo di esprimere tutte le sue qualità. Un po’ come se avessi fatto un pezzo di teatro".

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