Dettagli

Un autore, il suo protagonista e la verde Baviera

Un romanzo postumo di Andrea Carli (1919-1990) intitolato Il caso Arpur, racconta la terribile esperienza di un internato in un lager nazista. Lo scrittore italiano, che fu rinchiuso nel campo di concentramento di Hohenstein - dove anche Mario Rigoni Stern patì la segregazione - in tarda età sentì il bisogno di narrare ciò che teneva gelosamente dentro di sé. Un poetico richiamo al paesaggio bavarese nel viaggio di ritorno del protagonista, sancì un primo e graduale ritorno alla vita.

Giuseppe Muscardini

Ferrara, 4 marzo 2014.
La dimensione della sofferenza ingenerata dalla protervia nazista, necessita oggi di essere indagata, riconvocata e approfondita, a dispetto delle demenziali teorie dei negazionisti, secondo cui l’Olocausto è il frutto di una macchinazione degli storiografi per mistificare ciò che di fatto, secondo loro, non avvenne. La testimonianza letteraria di Andrea Carli in questa ricerca del clima cupo che pervase l’esistenza degli internati, è assolutamente preziosa; e perché Carli la protervia nazista la subì personalmente, e perché la compostezza stilistica e il rigore formale presenti in queste pagine, acquisiscono grande pregnanza per chi legge, dovendo, chi legge, misurarsi con gli aspetti psicologici della sofferenza di chi scrive. 

Non possiamo di fatto sottacere il raccapriccio che destano nel lettore certe descrizioni, le torture gratuite inflitte da carnefici senza scrupoli, le costole delle vittime spezzate con il calcio di un fucile, gli interventi chirurgici in laboratori improvvisati, apparentemente senza senso. Apparentemente, sembra dirci Carli: perché lo scopo sadico degli interventi chirurgici, nel caso del protagonista del romanzo, era quello di produrne l’annientamento, di annullarne la stessa personalità e l’identità, di cambiargli fisicamente i connotati. Il tutto sembra condensarsi in una personalissima consapevolezza, espressa nell’incipit dell’XI capitolo: Ad Arpur non rimaneva dunque che adagiarsi nel nulla. Con lui, quindi, il nazismo era arrivato alla soppressione dell’io. C’era arrivato per vie esterne, puntando su facili trucchi, come quello delle alterazioni plastiche e della conquista dell’opinione pubblica. Sono dunque pagine cariche di evocazioni forti e di fatti insospettabili, specie per chi si avvicina al testo con l'animo del lettore abituato alla cosiddetta “narrativa di situazione”. Qui non abbiamo una “narrativa di situazione”, ma abbiamo un autore che si distingue per la capacità di penetrare e descrivere umanissimi e ambivalenti sentimenti, insistendo molto sulla tenacia e la perseveranza del protagonista e alternandola con la sua rassegnazione di fronte ad eventi che sono percepiti come inevitabili. 

Il libro di Carli si inserisce a pieno titolo, e con un'attualità straordinaria, nel filone di quei testi letterari dove la memorialistica è di supporto all’impegno civile. Il romanzo, pur nell’espediente letterario, in realtà scava a fondo sulla perdita della memoria storica di quanto avvenne settant’anni fa. L'impianto narrativo del racconto lungo di Carli è costruito su alcuni snodi puntuali che fanno de Il caso Arpur un godibilissimo testo letterario. Si pensi al continuo insistere sul paesaggio, con descrizioni che assumono nel testo un andamento filmico, scenico, come se il lettore fosse davanti a frequenti panorami colti di sfuggita, ma in realtà destinati a fissarsi nella mente come stato d'animo del protagonista – e del lettore - più che come specifica condizione geografica.

È un po' come dire: «Guardate, questo era il contesto ambientale delle cose, questa è la realtà, la cornice, il fondale che avevamo attorno quando subivamo le efferatezze e le angherie di chi deliberatamente voleva umiliarci e farci soffrire. Ma entrando in Baviera, nel tormentato viaggio di ritorno dal lager, si riaprono finalmente le speranze di una vita tutta da cogliere, nonostante il male del mondo:  Fu lo stesso paesaggio per più giorni: macerie là fuori e malati lì accanto. Poi il panorama cambiò, e in Baviera gli ormai lenti occhi di Arpur non videro che laghi gelati e foreste verdissime e, sui monti, la neve; lessero qualche nome sui muri delle stazioni. A distanza di venticinque anni dalla scomparsa, Andrea Carli oggi ci fornisce uno strumento valido per ricordare e far ricordare. Usiamolo.

[Andrea Carli, Il caso Arpur, Edizioni Tresogni, 2014] 

Joomla Plugin
   
Cookies make it easier for us to provide you with our services. With the usage of our services you permit us to use cookies.
More information Ok Decline