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Monaco città d’accoglienza

La capitale della Baviera oggetto di una ondata migratoria senza precedenti

Pasquale Episcopo

Monaco, 15 settembre 2015.
È considerata la città "più settentrionale d'Italia", ora rischia di esser chiamata la Lampedusa tedesca. Da quando i profughi siriani, afgani e iracheni hanno cominciato a percorrere la cosiddetta rotta dei Balcani, Monaco di Baviera è diventata in Europa la città più interessata dalla migrazione, punto di incrocio di flussi che arrivano non solo da Est, ma anche da Sud. Nelle ultime settimane i controlli al Brennero hanno funzionato a intermittenza e molti migranti, soprattutto eritrei, hanno potuto raggiungere la Germania. Non tutti vogliono restare in Germania, molti vogliono andare in Danimarca, in Olanda o in Svezia. Nei primi dodici giorni di settembre gli arrivi alla stazione centrale sono stati complessivamente sessantamila. Sabato 12 settembre ben tredicimila. Nel commentare questi numeri il sindaco Dieter Reiter si è detto preoccupato: “La città ha raggiunto i suoi limiti”.

Nonostante lo tsunami umano abbattutosi sulla città, Monaco sembra finora aver retto il colpo. All'arrivo i profughi vengono incanalati e riforniti di generi di prima necessità. Poi vengono registrati e smistati. 

Ci sono moltissime famiglie con bambini piccoli, soprattutto siriani e afgani. Sono persone semplici, gentili, belle. Se li guardi, i bambini ti sorridono. I genitori, soprattutto le madri, mostrano grande dignità e dolcezza.Tutto sommato c'è ordine e la partecipazione volontaria dei monacensi è generosa e lodevole. I migranti sono stanchi ma sereni, nonostante l’odissea che hanno alle spalle, ben disposti a parlare con chi gli rivolge la parola. Purtroppo solo pochi parlano inglese. 

Una buona parte degli arrivati è stata fatta ripartire subito per il Nord della Germania con biglietti speciali già pagati. Sabato sera il treno intercity di mezzanotte per Dortmund è stato praticamente riempito di migranti. Altri sono stati alloggiati nei centri di prima accoglienza, scuole, palestre, caserme, container e tende. Poco distante dalla stazione, nella Luisenstraße, in poche ore sono stati raccolti oltre ottocento tappetini di gomma, da usare come materassi, un migliaio di coperte e sacchi e pelo, e poi acqua minerale e cibo. Tutto offerto da cittadini e raccolto da volontari. Nella notte questo materiale è stato trasportato dai pompieri nell’Olimpiapark, pronto per essere utilizzato nell’Olimpiahalle

È prevedibile che questa settimana la situazione peggiori perché riapriranno le scuole. Inoltre sabato inizierà l'Oktoberfest che ogni anno conta oltre sei milioni di visitatori, monacensi compresi. Le statistiche dicono che circa il 40% saranno turisti, suddivisi equamente tra tedeschi e stranieri. Dunque due milioni e mezzo di persone sono attese durante le due settimane della festa. Se gli arrivi di profughi continueranno anche nelle prossime settimane la stazione e l'intera città diventeranno certamente teatro di ingorghi tra flussi di migranti e di turisti. Categorie diverse e tuttavia, paradossalmente, entrambe felici di essere in questa città unica al mondo per capacità d’accoglienza. 

A Monaco oltre il 25% dei cittadini sono stranieri, un terzo quelli con Migrationhintergrund (con origini migratorie ndr), espressione che include i figli di coppie miste, in cui uno dei due genitori è straniero. Questo numero è particolarmente alto, se comparato in ambito europeo. Ciò, unitamente al livello culturale e di benessere economico-sociale, fa di Monaco un posto dove la solidarietà e la tolleranza sono di casa. L’8% della popolazione è di religione mussulmana. Ciononostante a Monaco non sono sorti movimenti anti-islamisti come in altre città della Germania, soprattutto nella ex-DDR. Pegida docet. Le manifestazioni di contro-protesta con cui i cittadini hanno affollato le piazze principali della città sono un esempio encomiabile a riguardo.

L’emergenza migratoria sfascerà l’Europa o la migliorerà, innescando un processo per riformarla drasticamente? A questa domanda i governi europei stanno rispondendo in ordine sparso e in modo spesso ambiguo e strumentale. La stessa Germania ieri pomeriggio ha fatto retromarcia, chiudendo le proprie frontiere con l’Austria. All’ambiguità della politica si contrappone la risposta dei cittadini. Quelli di Monaco da due settimane lo stanno facendo con uno slancio particolare.

Torniamo in stazione. Negli anni Cinquanta qui di immigrati ne arrivavano a migliaia ogni giorno. Erano italiani. Tutti uomini, tutti con tanto di contratto di lavoro già ottenuto nelle regioni di provenienza. La manodopera maschile tedesca mancava, decimata dalla guerra. Alcuni restavano in Baviera, molti ripartivano per gli altri Länder della Germania. Le quote erano stabilite in base alle esigenze dei datori di lavoro e dei Länder. All’inizio, per vantaggio geografico, gli immigrati erano prevalentemente italiani. Poi con gli anni si aggiunsero greci, turchi, spagnoli e portoghesi. A tutti venne dato un posto letto, inizialmente in baracche. Ma erano altri tempi.

Quei lavoratori, provenienti dalle regioni più povere del meridione d’Europa, li chiamarono Gastarbeiter, lavoratori ospiti. Dovevano rimanere solo per un tempo limitato, al più qualche anno. Col tempo e col benessere portato dal boom economico furono raggiunti dalle famiglie e si stabilirono definitivamente. I Gastarbeiter hanno contribuito a ricostruire la Germania e a trasformarla nella società multiculturale e nella locomotiva d’Europa che è oggi.

 

 

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